In questa sezione si prenderanno in esame i numerosi questionari utilizzati per la valutazione del sonno. In seguito ad un’attenta anamnesi ipnologica, all’osservazione generale del pattern del sonno e all’eventuale presenza di eccessiva sonnolenza diurna o di sonno disturbato, ci sono diversi test di valutazione che possono essere somministrati. In questa sessione se ne prenderanno in esame alcuni. La finalità dei test è quella di comprendere il problema che interferisce con le attività giornaliere del paziente: si può trattare di un’eccessiva sonnolenza diurna o di un disturbo del sonno. Con le scale si può fare solo screening e valutazione della gravità, ma non diagnosi. Sono legate a soggettività, vanno integrate con informazioni cliniche, registrazioni home-made, colloquio con partner e uso dei nuovi dispositivi.
Tra i primi fattori da valutare c’è il cronotipo. Per valutarlo è utile il MEQ (nella sua forma breve e lunga), che permette di capire se il soggetto è gufo (fenotipo serotino: preferisce dormire più tardi la sera e svegliarsi più tardi la mattina) o allodola (fenotipo mattutino: preferisce svegliarsi presto la mattina ed andare presto a letto la sera). Ad esempio, nelle persone affette da malattie psichiatriche, il cronotipo più frequente è quello serotino.
Altro elemento fondamentale da valutare: durata ed esigenza del sonno. Questi elementi sono variabili a livello interindividuale e si riducono notoriamente con l’età. Il test più utilizzato è il PSQUI, più noto come Pittsburgh, che valuta la qualità e le ore di sonno. Un PSQI > 5 già indica un sonno disturbato. La componente soggettiva è comunque molto importante, pertanto si utilizza il diario del sonno per capire se il soggetto è soddisfatto del proprio riposo. Dopo circa 2 settimane dall’inizio della compilazione del suddetto diario, solitamente il paziente viene rivalutato ambulatorialmente.
Bisogna studiare, inoltre, il pattern del sonno ed il pattern diurno. Si utilizza lo SHI (Sleep Hygiene Index) che misura il pattern del sonno, il tempo passato a letto prima di addormentarsi, la regolarità giornaliera e il tipo di attività effettuata prima di andare a letto. Ciò consente di rilevare problemi dovuti ad una cattiva igiene del sonno. Altro test è il RSQ-D, un questionario che valuta il sonno non ristoratore. Per l’analisi del pattern diurno bisogna valutare invece la vita del soggetto, la sua occupazione, gli orari di pranzo e cena, l’eventuale presenza di nap pomeridiani. L’uso di sostanze che interferiscono con il sonno (caffeina, alcol) o di sintomi quali la nicturia.
Bisogna anche indagare le comorbidità. Le più importanti sono di tipo neurologico, ma anche patologie dolorose e infiammatorie, oncologiche, eventuali terapie e patologie psichiatriche, problemi di dipendenza (spesso associati ad altri disturbi del sonno). Alcuni farmaci interferiscono con i già descritti processi C e processi S. Le benzodiazepine, utilizzate in maniera irragionevole soprattutto in Italia, possono portare facilmente a dipendenza. Negli ultimi anni, in particolare, si è verificato un aumento di CBD per il fenomeno dello shopping online autonomo dei pazienti (soprattutto all’estero).
3.1 VALUTAZIONE DEL SONNO
Neurodegenerazione e qualità del sonno sono fortemente correlati. In un ambulatorio del sonno, il paziente viene sottoposto ai questionari anche in una fase preliminare. Il QDS (Questionario sui Disturbi del Sonno) è un questionario a 27 item che valuta la presenza di un disturbo di insonnia e di altri possibili problemi di sonno, seguendo i criteri DSM-5; valuta il comportamento del soggetto nei giorni lavorativi o nei giorni festivi e la presenza di sintomi notturni. Ad esempio, la latenza di oltre 30 minuti all’addormentamento o il risveglio precoce, un’ora prima del previsto, possono essere patologici. Per capire se questi disturbi sono correlati a un reale problema del sonno, i criteri fondamentali sono la durata e la frequenza del sintomo. I diari per il sonno sono strumenti di monitoraggio di vario tipo. Uno di questi è il verbale che il soggetto deve compilare con informazioni riguardanti la notte appena trascorsa, entro 30 minuti dal risveglio, inserendo risvegli notturni, durata e presenza di nap pomeridiani, eventuali farmaci assunti e sintomi associati (sonnolenza diurna, astenia). Un altro tipo di diario è quello grafico, più complesso da fare, non attuabile per soggetti con problemi cognitivi; in questi casi può essere d’aiuto il caregiver. Il diario, inoltre, ha il vantaggio di responsabilizzare il paziente.
3.2 INSONNIA
Nel caso dell’insonnia, il questionario ISI (Insomnia Severity Index) valuta la severità del disturbo. Si può fare diagnosi con ISI, test costruito sui criteri del DSM-5, che include 7 domande che valutano la condizione del sonno e lo stress correlato allo scarso riposo. Il cut-off è 16.Come detto nella sessione 2.1 tra i test diagnostici, l’actigrafia nell’insonnia ha poca utilità; la PSG, metodica ideale, non è applicabile a tutti per l’elevata prevalenza del disturbo. La diagnosi rimane clinica, con la PSG riservata a pochi casi selezionati. Tuttavia, si può utilizzare il diario clinico del sonno, importante per valutare il ritmo circadiano, l’aspetto cognitivo, l’eventuale disturbo dell’umore (poi da approfondire con scale specifiche a parte).
Altre scale usate nell’insonnia sono: pre-sleep arousal scale (PSAS) che studia i sintomi diurni e dell’addormentamento; DBAS-16, che indaga la percezione soggettiva del paziente sul proprio sonno; ad esempio, spesso il soggetto pensa sia obbligatorio dormire almeno 8 ore al giorno per tutti. Il paziente insonne attribuisce al sonno tutti i problemi del giorno seguente.
3.3 DISTURBI DEL RITMO CIRCADIANO
L’intervista clinica nei casi di disturbo del ritmo circadiano è simile a quella per l’insonnia. In questo contesto però, emergerà che il paziente riuscirebbe a dormire se venisse lasciato libero per tutto il giorno successivo. Il paziente con disturbi del ritmo circadiano si sente riposato quando riesce a raggiungere le ore di sonno negli orari desiderati; al contrario, l’insonne non ha questa percezione, anzi, ogni notte è ossessionato dall’idea di non dormire.
Si utilizzano le stesse scale precedentemente menzionate per la valutazione oggettiva dei disturbi del ritmo circadiano; tuttavia, mancano questionari specifici per ogni sottotipo. Ci sono comunque strumenti che possono essere utili:
- l’actigrafo, da utilizzare per almeno 7 giorni, è uno strumento diagnostico molto utile.
- Altra metodica meno utilizzata ma che idealmente dovrebbe essere proposta per ogni valutazione del ritmo circadiano è il dosaggio salivare della melatonina nella sua secrezione iniziale. Si valuta il DLMO (Dim Light Melatonin Onset), che misura l’iniziale aumento della melatonina in condizione di buio. La melatonina è responsabile dell’aumento della pressione del sonno sulla veglia che raggiunge il suo massimo successivamente nel corso della giornata, al cosiddetto picco di melatonina. Alterazioni dei geni clock sono spesso responsabili di un ritardo di fase; in questi casi, l’orologio biologico interno è poco responsivo alle variazioni imposte dall’esterno e vi è una certa “rigidità circadiana”.
- La diagnosi si avvale anche di test che indagano i disturbi della personalità come Quick SCID-5, un’intervista meno completa ma più fruibile dello SCID-5 e altri vari test autovalutativi per la depressione (BDI-2) o per i disturbi misti (YMRS). I disturbi d’ansia sono molto associati ai disturbi del sonno; sono semplici da valutare, includono disturbo d’ansia generalizzato, disturbo post traumatico da stress, disturbo da attacchi di panico. Si fondano su sintomi cardini quali paura e preoccupazione. Interessano le stesse aree cerebrali dell’insonnia, ovvero le aree dell’iperarousal. L’insonnia favorisce infatti il circolo vizioso dell’iperarousal. Un questionario per i disturbi d’ansia è l’HAMA, ma è importante valutare sempre anche tutte le altre comorbidità associate con lo SLEEP-50, test che consente un inquadramento molto generico.
3.4 ALTRI DISTURBI DEL SONNO
In questi casi si valutano l’eccessiva sonnolenza diurna utilizzando scale soggettive. Ci sono scale di stato, che valutano la sonnolenza in un dato momento (Stamford, Caroline), meno utilizzate, e scale di tratto, quale l’Epworth Sleepiness Scale (ESS), la migliore e più utilizzata a livello internazionale e anche in Italia. Tuttavia, l’ESS non è esente da limiti, ad esempio le domande non hanno coerenza interna, includono attività non necessariamente svolte e il punteggio totale può variare anche di 2-3 punti se la si sottopone ripetutamente anche nello stesso soggetto. Il valore patologico è maggiore di 10. Rimane ancora valida per pazienti affetti da declino cognitivo lieve. È necessario indagare sintomi quali fatigue e sonnolenza.
Altre scale si utilizzano come screening nei disturbi del sonno associati a problemi respiratori. Nei casi di OSAS la scala consigliata è la STOP-BANG (acronimo per Snore, Tired, Observed, Pressure, BMI, Age, Neck, Gender) perché rapida, di facile interpretazione e memorizzazione. È stata confrontata con scale più o meno complesse ed è risultata sovrapponibile come accuratezza nello screening dei pazienti con fattori di rischio per OSAS. Tra questi, il fattore di rischio più importante, come già precedentemente menzionato, è il Neck (collo), la cui circonferenza maggiore di 41 cm (per le femmine) e 44 cm (per gli uomini) è associato ad un rischio di apnee durante il sonno.
3.5 PARASONNIE
Nelle parasonnie i questionari sono poco utili. Il gold standard diagnostico è la polisonnografia. Nel REM Behaviour Disorder (RBD) basta una singola domanda per orientarsi sulla diagnosi: il paziente si rende conto e si ricorda della sua azione (scalciare, dare pugni) oppure pensa di agire durante il sonno e sono i familiari a riferirlo? (Scala di Postuma). Nella diagnosi differenziale tra epilessia e parasonnia ci si avvale della clinica, esame obiettivo, video-PSG e in ultimo, i questionari. Nella PSG le parasonnie avvengono in fase N3, l’epilessia con crisi ipermotorie correlate al sonno avvengono in fase N2. Per il sonnambulismo (parasonnia dell’arousal) ad esempio, un fattore importante è l’età (colpisce il giovane). Per la RLS, si utilizza una scala (Restless Legs Syndrome Rating Scale) per valutare la severità del disturbo con 10 domande che danno un punteggio da 0 a 4.
Oreste Marsico
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
“Centro Regionale Epilessie”, Reggio Calabria
o.marsico@unicz.it
Giorgio Spano
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
dr.giorgiospano@gmail.com
Bibliografia
Liguori C, Strambi LF, Plazzi G, Antelmi E, Arnaldi D, Berardelli A, Bonanni E, Di Lorenzo F, Fanfulla F, Faraguna U, Guarnieri BM, Lombardo C, Maestri Tassoni M, Mercui NB, Palagini L, Pizza F, Placidi F, Proserpio P, Provini F, Silvestri R. Corso Sleep Young: “La medicina del sonno nella formazione del giovane neurologo” – Roma 19-20 aprile 2023.
SR Pandi-Perumal, DW Spence. Polysomnography: An Overview July 2014 DOI: 10.1007/978-1-4939-1185-14
https://www.uptodate.com/contents/classification-of-sleep-disorders
https://www.uptodate.com/clinical-presentation-and-diagnosis-of-obstructive-sleep-apnea-in
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