La Demenza a Corpi di Lewy (LBD) fu descritta per la prima volta nel 1961 da Okazaki in due pazienti con demenza associata a parkinsonismo (associati ad allucinazioni in uno dei due) che avevano Corpi di Lewy a livello della corteccia cerebrale.

Nel loro report originale gli autori definirono i loro casi come “curiosi”, ignari di aver individuato la seconda causa più frequente di demenza degenerativa dopo la Malattia di Alzheimer.

I criteri diagnostici e patologici (formulati per la prima volta nel 1996 ad opera del gruppo di studio di Newcastle) sono stati appena revisionati in occasione della IV Consensus Conference del Consorzio Internazionale della DLB.

Al parkinsonismo, le fluttuazioni cognitive e le allucinazioni visive è stata aggiunta, come manifestazione clinica centrale (“core clinical feature”), il disturbo comportamentale del sonno REM (RBD), mentre l’ipersensibilità ai neurolettici è stata declassata a criterio supportivo data la ridotta rilevabilità in un setting ambulatoriale.

E’ stata, inoltre, costituita una nuova categoria diagnostica, quella dei “biomarkers indicativi” in cui sono confluiti il ridotto uptake striatale del radiotracciante alla SPECT o PET, il ridotto uptake miocardico del radiofarmaco alla scintigrafia con MIBG e la conferma polisonnografica del RBD.

E’ ancora oggi materia di intenso dibattito la distinzione tra DLB e Malattia di Parkinson con Demenza (PDD). 200 anni fa James Parkinson tratteggiava con acume quella che etichettava come “paralisi agitante”, descrivendone alcuni salienti sintomi motori e non motori ma dichiarava prematuramente che “senso e l’intelletto” rimanevano integri.

L’interesse nei confronti dei sintomi non motori si è accresciuto notevolmente negli ultimi anni, anche in relazione alla loro identificazione nella fase premotoria di malattia, riconoscendoli come parte integrante della Malattia di Parkinson (PD). La demenza rappresenta una delle manifestazioni non motorie più comuni della PD con un rischio di svilupparla superiore all’80% con l’avanzare della malattia ed una latenza media di comparsa dalla diagnosi di circa 10 anni.

Esiste un’ampia sovrapposizione clinica, neuropsicologica e neuropatologica tra PDD e DLB che aveva reso necessario individuare arbitrariamente nell’intervallo temporale che lega la comparsa di parkinsonismo e demenza il criterio principale distintivo tra le due entità: la diagnosi di DLB dovrebbe essere posta quando la demenza si manifesta prima, contemporaneamente o entro 1 anno dall’esordio del parkinsonismo (“1 year-rule”).

Una task-force opportunamente commissionata dalla Movement Disorder Society (MDS) per valutare la possibilità di aggiornare la definizione di PD alla luce delle molteplici acquisizioni avvenute negli ultimi anni, ha avanzato una serie di criticità tra cui nuovamente quella inerente la classificazione della DLB ponendo il dubbio, al di là dell’arbitrarietà della “1 year rule”, finanche sulla appropriatezza di continuare a distinguere tra le due entità. Essi suggeriscono che la diagnosi di PD sia possibile anche in presenza di demenza, creando così una nuova prospettiva che semplificherebbe l’approccio diagnostico alla PD con la scomparsa del concetto di PDD e l’identificazione di un fenotipo PD (destinato nella maggioranza dei pazienti a complicarsi con la comparsa di demenza nel lungo termine) e di un possibile fenotipo PD-DLB (per quei pazienti finora etichettati come DLB) caratterizzato da un quadro dementigeno iniziale su cui si instaura secondariamente il parkinsonismo.

D’altra parte, nei nuovi criteri proposti dalla MDS per la diagnosi di PD la demenza è stata depennata dai criteri di esclusione, a differenza dei criteri della UK Brain Bank del 1992 in cui era esplicitamente riportata. Ne è emerso un rinnovato dibattito con la pronta risposta dei membri del Consorzio DLB a supportare le ragioni di questa distinzione, purchè imperfetta, ma ancora utile alla comunità sia clinica che scientifica.

In attesa che una migliore comprensione della relazione tra PD-PDD-DLB faccia chiarezza sull’argomento, ad oggi l’elemento cardine per discernere DLB e PDD resta la sequenza temporale demenza-parkinsonismo, per ora fondata nella 1–year rule. I nuovi criteri diagnostici della DLB mantengono in vigore tale limite, mancando di ridefinire quello sfumato confine tra le due entità ed esponendosi ulteriormente alle pressioni di quella parte del mondo scientifico che invoca una maggiore chiarezza diagnostica.

Tuttavia, nel loro report, gli stessi autori ammettono l’utilità, in talune occasioni, del ricorso a termini generici quali Malattia a Corpi di Lewy, aprendo la via ad un progressivo abbattimento della distinzione categorica tra DLB e PDD a favore della concezione di espressioni fenotipiche differenti di una stessa malattia nel contesto di uno spettro fenomenologico continuo. D’altronde, un processo analogo è stato fatto con l’Atrofia Multisistemica, alfa-sinucleinopatia alla stregua di PD e DLB, che rappresenta già un valido esempio di singola entità patologica che abbraccia al suo interno differenti entità cliniche.

 

Giovanni Palermo, Pisa

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