Avendo da poco iniziato il secondo anno di scuola di specializzazione in Neurologia, benchè la selezione che sono chiamata ad operare implichi una certa oggettività di valutazione, non posso del tutto ignorare una mia predilezione, forse ingenua e ‘giovanile’, per le patologie più rare e dalla clinica più imprevedibile.  L’encefalopatia autoimmune entra senza dubbio nel novero di queste.

Nell’ultimo numero di Neurology è stato pubblicato un lavoro in cui Balu et al. redigono uno score predittivo dell’outcome ad un anno del paziente con encefalopatia da anticorpi anti-NMDAR (NEOS, anti-NMDAR Encephalitis One-Year Functional Status). Nel particolare, dopo aver valutato in follow-up 382 pazienti, sono stati identificati 5 predittori indipendenti di outcome sfavorevole attraverso regressione logistica multivariata:

(1) ricovero in terapia intensiva

(2) ritardo del trattamento superiore a 4 settimane

(3) assente miglioramento clinico a 4 settimane dall’inizio della terapia immunosoppressiva

(4) alterazioni alla RMN

(5) pleiocitosi

Nello score NEOS viene attribuito 1 punto per ciascuno di questi 5 fattori. Si è osservato che uno score di 4-5 punti determina un rischio di cattiva prognosi (Modified Ranking Scale ≥ 3) ad un anno nel 69% dei casi (3% per 0 o 1 punto, 69% per 4 o 5 punti, p < 0.001).

A confronto di un altrettanto interessante articolo in tema di encefalite autoimmune (AE), pubblicato questo stesso mese sulla sorella rivista Neurology Neuroimmunology and Neuroinflammation con il titolo ‘Management and prognostic markers in patients with autoimmune encephalitis requiring ICU treatment’, questo lavoro vanta una più ampia casistica, con 382 pazienti totali reclutati in 200 centri di 35 diversi Stati. Tuttavia, Balu et al. non considerano tutti i sottotipi di encefalite autoimmune e lo score NEOS resta quindi di utilità limitata alla patologia con conferma su siero o liquor di presenza di anticorpi anti-NMDA. Altro limite dello studio coinvolge la stessa misurazione dell’outcome, essendo il punteggio MRS in alcuni casi ottenuto retrospettivamente sulla base della valutazione del medico curante.

L’utilità dello score NEOS risiede nella possibilità di stimare il decorso clinico dopo la diagnosi ed adiuvare dunque i clinici nella selezione di pazienti che potrebbero beneficiare di terapie sperimentali. Ciò è ancor più valido se si considera che il recupero ad uno stato di autonomia funzionale è stato documentato anche in pazienti non responsivi per mesi alle terapie. Lo score NEOS permetterebbe inoltre una più oggettiva comunicazione con i parenti in termini di prognosi. Tuttavia, come simpaticamente conclude l’editoriale di Neurology di questo mese: la sfera di cristallo ancora deve essere inventata…

Benedetta Storti, Università Milano Bicocca

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