I benefici della pratica dell’allattamento sono comunemente ben noti oltre che ampiamente documentati e descritti dalla letteratura. L’allattamento è infatti una pratica fondamentale non solo perché favorisce la relazione madre-bambino, promuovendo la sicurezza dell’attaccamento nel bambino e il comportamento genitoriale nelle madri, ma anche perché ha un effetto sulla salute di entrambi. I bambini che sono stati allattati al seno presentano, infatti, un più basso rischio di infezioni respiratorie e gastrointestinali, malattie immunologiche, malattie metaboliche come l’obesità e il diabete di tipo 1 e 2, ed infine per la sindrome della morte improvvisa (Sudden Infant Death Syndrome). D’altra parte, l’allattamento al seno ha anche effetti positivi sulla salute materna. A breve termine, riduce il rischio di amenorrea prolungata e depressione post-partum, e a lungo termine ha un effetto benefico sulla prevenzione del diabete mellito di tipo 2 e del cancro al seno e alle ovaie. 

Nonostante i benefici dell’allattamento, le donne con epilessia sono spesso timorose verso questa pratica e talvolta anche scoraggiate da parte del personale medico ed infermieristico. 

Ciò viene confermato anche dalla letteratura, che ci dimostra come i tassi complessivi di allattamento al seno a tre mesi delle donne con epilessia riportati nel gruppo di studio NEAD sono solo del 42%, e presentano un’elevata variabilità tra i diversi Paesi, con un tasso di inizio allattamento del 79% negli Stati Uniti e del 90% in Scandinavia. Diversi fattori sono coinvolti, tra cui fattori socioeconomici e culturali, ma i principali responsabili sono la paura delle donne di recidiva di crisi legate alla privazione del sonno e l’idea sbagliata che i farmaci assunti dalla madre vengano trasferiti al bambino attraverso il latte materno. 

Attraverso questo articolo cercherò di rispondere alla fatidica domanda:

 le donne con epilessia possono allattare?

Il possibile effetto che qualsiasi farmaco assunto dalla madre e trasferito al bambino attraverso l’allattamento possa avere su di esso, dipende da diversi fattori. 

In primis, fattori legati alla madre e all’allattamento stesso

  • frequenza e durata dell’allattamento
  • i livelli plasmatici materni del farmaco
  • grado di trasferimento del farmaco nel latte materno
  • quantità di latte materno che il bambino assume durante il corso della giornata

In secondo luogo, fattori legati alle caratteristiche dei farmaci stessi: quantità significative di escrezione di farmaci sono tipicamente presenti nel latte materno se i farmaci presento:

  • alte concentrazioni plasmatiche materne
  • basso grado di legame alle proteine plasmatiche
  • basso peso molecolare
  • alta liposolubilità 

Infine, la quantità effettiva di farmaco che entra nella circolazione sistemica del bambino dipende anche da fattori legati al bambino stesso, che riguardano:

  • assorbimento
  • distribuzione
  • metabolismo
  • eliminazione del farmaco da parte del bambino.

Quest’ultimo punto è particolarmente rilevante per i neonati più piccoli di 2-3 mesi e per i prematuri, che presentano una immaturità dei sistemi enzimatici deputati al metabolismo ed eliminazione delle sostanze, che potrebbero quindi tendere ad accumularsi nell’organismo stesso. 

In letteratura sono descritti diversi metodi per calcolare l’esposizione del bambino ai farmaci materni assunti durante l’allattamento. 

Tra questi, il rapporto latte/plasma (dall’inglese, Milk/Plasma ovvero M/P ratio) è sicuramente il più noto. Esso rappresenta la relazione tra le concentrazioni di farmaci nel latte materno rispetto al plasma materno: un rapporto M/P maggiore di 1 indica che il farmaco è concentrato nel latte materno, anche se ciò non sempre riflette il livello reale di esposizione del bambino al farmaco.

Per valutare la reale esposizione del bambino esistono anche altri metodi, tra cui:

  • la dose teorica del bambino (the infant’s theoretical dose) ovvero la concentrazione del farmaco nel latte rispetto al volume di latte consumato dal bambino ogni giorno;
  • la dose relativa del bambino (the relative infant dose) ovvero il confronto tra la dose teorica e la dose della madre aggiustata per il peso
  • la dose terapeutica pediatrica (the therapeutic paediatric dose) ovvero la dose di farmaco capace di produrre effetti sul bambino

Pertanto per valutare il rischio di effetti collaterali, le dosi stimate devono infine essere confrontate con la dose terapeutica pediatrica: una dose infantile stimata inferiore al 10% della dose pediatrica raccomandata è generalmente considerata clinicamente insignificante.

Come ben possiamo immaginare, nella pratica clinica questi metodi possono non essere facilmente ottenibili e, in generale, ci sono limitati dati di sicurezza durante l’allattamento nello specifico dei farmaci antiepilettici o meglio Anti-Seizures Medications (ASMs), come sono più correttamente definiti oggigiorno.

Una letteratura raccomandata per quanto riguarda l’allattamento al seno e gli ASMs è sicuramente il manuale ‘Medications and Mother’s Milk’ di Hale et al.

In questo manuale, che viene regolarmente rivisto, i farmaci sono classificati in cinque categorie di rischio di allattamento, che vanno da “Sicuro” a “Controindicato” (L1-L5) e la maggior parte degli ASMs possono essere suddivisi in tre categorie di rischio principali: 

  • “L2 – sicuro”
  • “L3 – moderatamente sicuro”
  • “L4 – possibilmente pericoloso”. 

Gli ASMs “sicuri sono quelli che presentano:

  • un grado moderatamente alto di legame alle proteine nel plasma
  • un basso grado di penetrazione nel latte materno
  • un rapporto M/P che va da 0,01 a 0,7.

A questo primo gruppo appartengono Fenitoina, Valproato e Carbamazepina.

Tuttavia, effetti avversi sono stati descritti in case report di madri utilizzavano la Fenitoina in combinazione con altri ASMs, epatotossicità e trombocitopenia con l’uso materno di Valproato e disfunzione epatica e ridotto aumento di peso in neonati allattati al seno di madri che utilizzavano Carbamazepina in monoterapia. La Carbamazepina può causare, inoltre, anche la sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica (SJS/TEN), che è un effetto non correlato alla dose del farmaco. 

Gli ASMs “moderatamente sicuri” sono Lamotrigina, Oxcarbazepina, Levetiracetam, Topiramato, Gabapentin, Pregabalin, Vigabatrin e Tiagabina.

Questi ASMs presentano:

  • un basso grado di legame proteico nel plasma (dal 15% del Topiramato al 55% di Lamotrigina e Oxcarbazepina)
  • un basso peso molecolare
  • un rapporto M/P che va da 0,1 a 2,0.

La Lamotrigina è un esempio di capacità limitata dei neonati di metabolizzare i farmaci a causa di un’immatura glucuronidazione UDP epatica, che associata a un ridotto legame alle proteine plasmatiche del farmaco, potrebbe portare ad alte concentrazioni sieriche nel neonato allattato al seno. 

Tuttavia, gli effetti avversi nei neonati sono riportati raramente e comprendono una lieve trombocitosi e un case report che descrive una grave apnea in un neonato la cui madre ha usato alte dosi di Lamotrigina dopo il parto.  In un report compilato da un centro di farmacovigilanza francese su 174 neonati allattati al seno, è stato osservato che la Lamotrigina ha causato reazioni avverse in solo 6 neonati e gli effetti avversi descritti erano sedazione, ipotonia, perdita di peso e danno epatico. Un’altra possibile conseguenza degli alti livelli sierici dei neonati è la sindrome da astinenza neonatale osservabile con lo svezzamento. 

Per questi motivi, l’esposizione alla Lamotrigina attraverso il latte materno viene tuttora considerata ben tollerata, ma il bambino deve essere monitorato per eruzioni cutanee, scarsa suzione e sonnolenza. 

Topiramato e Gabapentin hanno un effetto dose-relato: dosi materne di 200 mg al giorno o meno di Topiramato e fino a 2100 mg al giorno di Gapapentin hanno prodotto basse concentrazioni sieriche nel bambino e nessun effetto avverso nei neonati.

I dati sul Levetiracetam provengono da un recente studio di Dinavitser et al. nel 2021 su 20 donne che allattano al seno e 21 neonati. L’esposizione dei neonati al Levetiracetam attraverso il latte materno era vicina alle soglie di sicurezza (rapporto M/P leggermente inferiore a 1) e l’unico effetto avverso riportato era la sonnolenza. 

Infine, non ci sono dati sugli effetti collaterali di Oxcarbazepina e Tiagabina, ma nonostante i dati limitati questi ASMs sono ancora classificati come moderatamente sicuri.

Infine, gli ASMs “possibilmente pericolosi” includono Fenobarbital, Primidone, Benzodiazepine, Etosuccimide, Zonisamide e Felbamato

Questi ASMs sono caratterizzati da:

  • un basso grado di legame alle proteine 
  • un’elevata escrezione nel latte materno
  • un rapporto M/P da 0,3 a 2,8

Inoltre, questi farmaci presentano un’emivita estremamente lunga e potrebbero accumularsi nei neonati allattati al seno con somministrazione materna ripetuta o continua. 

Effetti sedativi come sonnolenza e ridotto aumento di peso sono stati riportati con l’Etosuccimide e le Benzodiazepine, come Diazepam e Clonazepam. Si raccomanda cautela durante l’allattamento al seno anche con Primidone, Zonisamide e Felbamato.

Infine, ci sono pochi dati di sicurezza basati sull’evidenza sull’allattamento al seno durante l’assunzione dei nuovi ASMs: Lacosamide, Perampanel e Brivaracetam

Per quanto riguarda la Lacosamide, dosaggi fino a 400 mg/giorno non sembrano avere effetti negativi sullo sviluppo in uno studio su tre bambini allattati al seno per 7-9 mesi. 

Inoltre, un recente articolo ha riportato i dati farmacocinetici durante la gravidanza e l’allattamento per Brivaracetam, Lacosamide e Perampanel basati su due casi. Il rapporto M/P per Brivaracetam e Lacosamide erano 0,71 e 0,83, rispettivamente, e 0,13 per il Perampanel.

Oltre agli effetti a breve termine sul bambino legati all’allattamento, sono anche molto interessanti i dati sugli effetti a lungo termine sul Neurosviluppo.

Lo studio NEAD (Neurodevelopmental Effects of Antiepileptic Drugs – NEAD) è uno studio multicentrico prospettico che ha indagato lo sviluppo cognitivo in 199 bambini all’età di 3 anni allattati al seno da madri che assumevano ASMs (Carbamazepina, Lamotrigina, Fenitoina o Valproato in monoterapia) rispetto ai bambini non allattati al seno. Lo studio non ha trovato differenze significative nel QI tra i due gruppi. All’età di 6 anni, gli autori hanno riportato risultati simili per 181 bambini, con un QI complessivo significativamente più alto nei bambini allattati al seno rispetto a quelli non allattati. Gli stessi risultati sono stati ottenuti da Veiby e colleghi nel 2013, i quali hanno confermato l’evidenza che un allattamento al seno a lungo termine è sicuro sullo sviluppo cognitivo. Infine, il Maternal Outcomes and Neurodevelopmental Effects of Antiepileptic Drugs (MONEAD) è uno studio di coorte che ha valutato i dati di 351 madri e 345 neonati fino a 6 anni di età, ha raccolto campioni di concentrazioni ematiche di 7 ASMs e misurato il punteggio del QI dei bambini. Nel complesso, le concentrazioni di farmaci antiepilettici nei campioni di sangue dei neonati che sono stati allattati al seno erano sostanzialmente inferiori alle concentrazioni di sangue materno. 

In conclusione, per rispondere alla domanda:

le donne con epilessia possono allattare?

Possiamo ragionevolmente affermare che la maggior parte degli ASM sono compatibili con l’allattamento al seno e presentano un rischio basso o moderatamente basso di effetti collaterali sul bambino. Tuttavia, è importante osservare e monitorare la possibilità di effetti collaterali, come sonnolenza e scarso aumento di peso, e in questi casi considerare un’alimentazione mista con supplemento di latte artificiale. La letteratura presenta anche dati di supporto che l’allattamento al seno non ha avuto alcun impatto negativo a lungo termine sul Neurosviluppo del bambino. 

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Bruna Nucera, MD

Epilepsy center, Department of Neurology, Hospital of Merano (SABES-ASDAA), Merano-Meran, Italy

bruna.nucera@gmail.com

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