Le tecniche di monitoraggio del sonno sono le seguenti:

  • Polisonnografia (PSG):
    – Tipo 1: (video)PSG completa in laboratorio;
    – Tipo 2: (video)PSG-completa al domicilio
    – Tipo 3: PSG-ridotta (cardiorespiratoria) al domicilio;
    – Tipo 4: monitoraggio della saturazione.

Il tipo 1 è chiaramente quella più sofisticata e comprende: 7 o più canali di EEG, EOG (oculogramma), EMG, ECG, flusso oro-nasale, fasce toraco-addominali, pulsossimetria. Il video è sempre consigliato, ma comunque opzionale. Il vantaggio di eseguire il test in laboratorio rispetto che al domicilio (tipo 2), è la presenza del tecnico, che può testare il paziente in caso di un episodio e/o correggere gli artefatti.

  • Actigrafia
  • Dosaggio salivare della melatonina

POLISONNOGRAFIA

Per lo studio del sonno l’EEG necessita di meno elettrodi rispetto al solito montaggio (anche 3-6). L’EOG è fondamentale per capire le fasi del sonno; l’EMG per i muscoli sottomentonieri fornisce informazioni sul tono muscolare, che tende a scomparire durante la fase REM (come in tutti gli altri muscoli). Di solito si utilizzano inoltre elettrodi di backup in caso di malfunzionamento degli altri. L’ipnogramma descrive la macrostruttura del sonno con i vari stadi.

I parametri da prendere in considerazione sono:

  • Presenza di luce spenta/accesa;
  • Tempo totale di sonno, in minuti;
  • Latenza di addormentamento, in minuti;
  • Tempo totale di registrazione;
  • Latenza sonno REM, in minuti;
  • Wake after sleep onset, in minuti;
  • L’efficienza del sonno, che si valuta con il rapporto tra il tempo totale di sonno (TST) e il tempo totale di registrazione (TTR) in percentuale. (Efficienza = TST/TTR x 100). Le percentuali cambiano con l’età: con il passare del tempo diminuisce il TST e si riducono tutte le fasi.
  • Tempo e percentuale di ogni stadio rispetto al TST;
  • Indice di arousal: frammentazione del sonno.

In generale, N2 è lo stadio di sonno più rappresentato, che mantiene l’omeostasi del sonno (50%). L’N1 rappresenta la fase in cui si inizia a dormire (8%), ma da alcuni autori non è considerata neanche una fase del sonno. Il sonno N3 è quello ad onde lente. In veglia all’EOG registra due tipi di movimenti oculari, quelli rapidi per la scansione rapida ad occhi aperti, e quelli lenti, movimenti coniugati dell’inizio dell’addormentamento.

FASE N1: è la fase dell’addormentamento, il tracciato inizia a diventare di bassa ampiezza, si riduce in frequenza (4-7 Hz), si registrano movimenti oculari lenti, ci possono essere fluttuazioni della vigilanza e punte al vertice con una massima ampiezza in Fz-Cz, bilaterali o raramente lateralizzate (soprattutto nei giovani), visibili anche nelle derivazioni fronto-polari.

FASE N2: è la fase in cui compaiono i fusi del sonno (spindles) di durata > 0,5 s e frequenza 11-16 Hz, e i complessi K, onde puntute di notevole ampiezza maggiori sulle regioni fronto-centrali. Il tono muscolare in questa fase inizia a ridursi ma si mantiene ancora.

FASE N3: è la fase nella quale si registra la maggior prevalenza di attività lenta di 0.5 – 2 Hz ed ampiezza maggiore a 75 mV. Le onde lente delta si devono visualizzare in almeno il 20% di ogni epoca (almeno 6 secondi sui 30 di ogni epoca); si possono vedere ancora i fusi del sonno. In passato, un tracciato composto da attività lenta in ogni epoca si poteva denominare fase N4. Nessun movimento si registra sull’EOG e il tono risulta ridotto all’EMG. La fase N3 si può evidenziare nei soggetti con OSAS anche durante registrazione ambulatoriali.

FASE REM: detta anche del “sonno paradosso”, compare un’attività desincronizzata di piccola ampiezza che ricorda quella in veglia. Questa fase normalmente non viene registrata durante gli EEG in veglia. In quel caso, si possono sospettare una deprivazione cronica di sonno o una narcolessia. Compaiono onde a dente di sega nella maggior parte dei casi, ma non è un criterio obbligatorio. All’EOG ci sono i Rapid Eye Movement ovvero i movimenti rapidi degli occhi, brevi e accoppiati ad atonia muscolare all’EMG.

Tsinalis, Orestis et al. “Automatic Sleep Stage Scoring with Single-Channel EEG Using Convolutional Neural Networks.” ArXiv abs/1610.01683 (2016):

Alcune varianti da dover considerare durante la registrazione EEG in sonno includono:

  • l’ipersincronismo theta durante l’addormentamento (spesso simmetrico, talvolta asimmetrico), che rappresenta la spinta talamo-corticale verso la sincronizzazione corticale;
  • punte al vertice molto ampie e lateralizzate, con opposizione di fase su Fz-Cz, soprattutto nei soggetti molto giovani;
  • BETS (Benign Epileptiform Transients of Sleep) o SSS (Small Sharp Spike): piccolissime punte, in passato chiamate epilettiformi per il loro aspetto, ma fisiologiche dell’addormentamento. Possono essere asincrone e/o lateralizzate;
  • SREDA (Subclinical Rhythmic Electrographic (theta) Discharges in Adults): negli adulti, attività ritmica durante la fase dell’addormentamento, caratterizzata da un theta ritmico preceduto da punte isolate, con massima espressione sulle regioni temporali posteriori, che a differenza di una crisi non presenta un’evoluzione tipica temporale ma, al contrario, inizia e cessa bruscamente. Per distinguerlo da un’attività epilettiforme bisogna ricorda le regole di Gloor, ovvero: l’anomalia deve interrompere il ritmo di fondo, avere una frequenza diversa da questa, essere irregolare, asimmetrica, con aspetto bi-trifasico. Spesso invece le varianti fisiologiche hanno una frequenza multipla (doppia, tripla) rispetto al ritmo di fondo;

Alcuni casi esemplari da considerare durante la registrazione poligrafica sono:

  • Movimenti periodici delle gambe in sonno: sugli elettrodi EMG dei muscoli tibiali anteriori compare un rinforzo della traccia, della durata di 0.5 – 10 secondi. Devono essere registrati almeno 4 movimenti consecutivi anche a distanza di 90 secondi l’uno dall’altro per poterli considerare patologici, associati sempre ad arousal agli elettrodi EEG;
  • Apnea: riduzione fino alla completa assenza di flusso oronasale della durata di almeno 10 secondi. Si distingue in centrale se non si registra alcuno sforzo toraco-addominale per tutta la durata dell’apnea, o periferica (detta anche ostruttiva), in presenza dello sforzo toraco-addominale;
  • Ipopnea: riduzione del flusso oronasale del 30% (non completa), associata alla perdita di almeno 3 punti percentuali alla SpO2 o ad un arousal all’EEG;
  • RERA (Respiratory Effort Related Arousal): arousal respiratori associati ad uno sforzo toraco-addominale, senza un evento respiratorio completo associato ad ostruzioni del flusso;
  • Respiro periodico di Cheyne-Stokes: forma di respiro patologico associato all’elemento cruciale del crescendo-decrescendo dell’ampiezza del flusso oronasale associato ad uno sforzo respiratorio.

Da un esame polisonnografico si derivano alcuni indici da citare:

  • AHI (Apnea Hypopnea Index), ovvero l’indice che considera quanti eventi respiratori di apnea/ipopnea si registrano per ora durante il sonno. 5-15 è un punteggio lieve, 15-30 moderato, >30 severo.
  • Gli indici di saturazione, ovvero:
    – la caduta di almeno il 3% di SpO2 per ora (ODI, Oxygen Desaturation Index);
    – la SpO2 minima registrata durante il sonno.

Questi tre indici devono essere concordanti fra di loro; in caso contrario, l’esame è stato condotto in maniera errata ed è necessario ripeterlo.

ACTIGRAFIA E DOSAGGIO SALIVARE DELLA MELATONINA (DLMO)

Queste due valutazioni si fanno in casi particolari, come già accennato. L’actigrafia è un monitoraggio prolungato 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 che contiene un accelerometro a tre assi che indica qual è il tempo totale di sonno e l’efficienza del sonno, associata a una serie di sensori opzionali che valutano la temperatura cutanea e la luce. I parametri più attendibili sono due: il tempo totale di sonno e l’esposizione alla luce.

Il DLMO serve per registrare la curva di melatonina e verificare se il soggetto va a dormire troppo presto o troppo tardi rispetto al suo picco della melatonina.

VALUTAZIONE DELLA SONNOLENZA

In maniera oggettiva, l’eccessiva sonnolenza diurna si valuta con:

  • MWT, ovvero il mantenimento della veglia, che a priori da solo non riflette la sonnolenza;
  • MSLT (test a latenze multiple del sonno), ovvero la facilità ad addormentarsi. Il monitoraggio polisonnografico è uguale al solito.

Nella MWT si effettuano 4 trial della durata di 40 minuti (se non si verifica prima l’addormentamento) a distanza di due ore l’una dall’altra. Tra i vantaggi: non occorre una PSG la sera precedente e si possono assumere i farmaci. Il paziente si trova seduto su una poltrona alla luce, in veglia, e gli si dice di restare sveglio, evitando ovviamente di stimolarlo diversamente. Se si verifica l’addormentamento e si registrano 3 fasi di N1 o una singola fase in uno stadio più profondo si interrompe il test. Il tecnico deve stare molto attento perché l’esame deve essere interrotto obbligatoriamente e va ripetuto dopo 2 ore. Valuta, in pratica, il tempo necessario per iniziare il sonno, ovvero la latenza.

Prima dell’MSLT, invece, bisogna documentare la sera precedente almeno 6 ore di sonno. Poi, in assenza di farmaci attivanti, si devono registrare 4-5 sonnellini ad un’ora circa dopo il risveglio, da ripetere due ore dopo. Il paziente dovrebbe cercare di addormentarsi, e, raggiunto l’addormentamento, il test non si interrompe, perché bisogna verificare l’eventuale fase REM: è considerata precoce una fase REM che insorge entro 15 minuti dall’addormentamento, in questo caso si parla di SOREMP (Sleep-onset REM Period).

Nella MWT si può registrare la latenza del sonno, quindi la propensione ad addormentarsi, mentre nell’MSLT la capacità di restare svegli. Nella MSLT la latenza è ridotta perché le istruzioni sono diverse e quindi danno risultati diversi. Il MWT non ha valore diagnostico e si applica a popolazioni particolari di soggetti quali gli autisti, che necessitano di stare svegli, o nella valutazione dell’efficacia di un trattamento per l’OSAS, anche se la sua correlazione clinica è incerta. L’MSLT è il gold standard invece della narcolessia, che necessita, secondo criteri, della registrazione di almeno 2
SOREMPs e una latenza del sonno (SL) di meno di 8 minuti. Nell’ipersonnia idiopatica (IH) la SL è sempre meno di 8 minuti, ma i SOREMPs sono minori di due. La riproducibilità dei risultati del test è scarsa nelle altre ipersonnie. L’MSLT fornisce informazioni su come si addormenta il soggetto e su
come va nelle fasi profonde di sonno (nella narcolessia il passaggio è veloce, a differenza di altre ipersonnie). Questa tendenza nel passaggio da N1 a sonno REM nella narcolessia è un indice molto specifico di malattia. Nell’IH, invece, c’è un lungo TST, maggiore di 12 ore.

Per riassumere, la diagnosi di narcolessia necessita di una PSG, un MSLT e in seguito altre 24 ore di monitoraggio post-test (a volte si arriva anche a 32 ore). In casi dubbi si può ripetere l’MSLT. Nei narcolettici anche il dato della PSG di 48 ore può mostrare una tendenza al sonno REM precoce anche durante le ore di sonno diurno. In ogni caso, la PSG è obbligatoria prima di ogni MSLT e questo rende il test dispendioso e lungo.

Oreste Marsico
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
“Centro Regionale Epilessie”, Reggio Calabria
o.marsico@unicz.it

Giorgio Spano
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
dr.giorgiospano@gmail.com

BIBLIOGRAFIA

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    medicina del sonno nella formazione del giovane neurologo” – Roma 19-20 aprile 2023.
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    10.1007/978-1-4939-1185-14
  • https://www.uptodate.com/contents/classification-of-sleep-disorders
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