La scialorrea è un sintomo che consiste o in un eccesso di produzione salivare o in una sua diminuita clearance orale tramite il meccanismo della deglutizione. È necessario che almeno uno dei due eventi si verifichi affinché la saliva in eccesso oltrepassi il margine labiale incessantemente, creando un forte disagio fisico e psicologico in tutti i pazienti che ne soffrono. 1

La scialorrea è considerata un fenomeno normale e non preoccupante fino ai 3 anni di età, già a partire dai 4, infatti, è ritenuta meritevole di attenzione da parte dello specialista pediatra, il quale deve nell’immediato escludere un ritardo del neuro sviluppo o un insulto alla nascita.

La scialorrea, quando definita patologica, può essere un fenomeno isolato o manifestarsi nell’ambito di diversi disturbi neurologici come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la paralisi cerebrale infantile (CIP), che ne è la causa più comune nell’infanzia, con una prevalenza del 30%, e la malattia di Parkinson (PD), che ne è invece la causa principale negli adulti, raggiungendo una prevalenza del 70/80 %. Nel 30%-80% dei pazienti schizofrenici la causa principale di scialorrea è invece l’assunzione prolungata di antipsicotici quali, tra i più frequenti, la clozapina. 2

Indipendentemente dalla causa, la scialorrea è una problematica le cui complicanze cliniche e funzionali compromettono non solo il funzionamento sociale del soggetto ma possono anche causare seri problemi medico-internistici. Il più grave fra tutti, nonché prima causa di morbilità e mortalità in questi pazienti, è la polmonite ab ingestis. Questa si verifica a seguito di una casuale e involontaria aspirazione della saliva in eccesso nelle vie aeree. Ancora altri problemi possono essere le lesioni cutanee da contatto e le infezioni.

Anatomia e fisiologia

Le principali ghiandole salivari comprendono le ghiandole parotidi, sottomandibolari e sottolinguali; di cui la più grande è la parotide. Essa è situata nella regione preauricolare, lungo la superficie posteriore della mandibola ed è divisa dal nervo facciale in un lobo superficiale e un lobo profondo. La ghiandola sottomandibolare è la seconda ghiandola in ordine di grandezza e si trova nel triangolo sottomandibolare postero lateralmente al muscolo miloioideo. La ghiandola sublinguale è la più piccola delle tre e si trova nel pavimento anteriore della bocca. La produzione di saliva è quasi completamente controllata dal sistema nervoso autonomo tramite le divisioni simpatica e parasimpatica, che agiscono tramite un unico e solo neurotrasmettitore, l’acetilcolina (Ach).

Nello steady-state, il 70% della saliva viene secreta a livello delle ghiandole sottomandibolari e sottolinguali mentre, in caso di stimoli esterni (e.g. durante un pasto) sono le ghiandole parotidi a produrne la maggior parte, con un flusso circa cinque volte maggiore rispetto allo stato di riposo.

Come anticipato, la scialorrea può essere dovuta all’aumento della produzione di saliva (idiopatica o indotta da farmaci) o correlata al fallimento dei meccanismi che la rimuovono dal cavo orale. 

La secrezione salivare è regolata tramite un arco il cui ramo afferente è costituito da chemocettori nelle papille gustative e meccanocettori nel legamento parodontale. Anche le innervazioni afferenti dei nervi cranici V, VII, IX e X svolgono un ruolo trasportando gli impulsi sensoriali gustativi ai nuclei salivari nel bulbo. Le influenze efferenti sono principalmente parasimpatiche attraverso il VII nervo cranico che controlla le ghiandole sottomandibolari, sublinguali e altre ghiandole minori (presenti nella mucosa buccale) e il IX che controlla invece la ghiandola parotide.

In termini di patologie neurologiche, quali SLA, PD, o PCI la salivazione sembra essere un effetto di una mancata deglutizione, dovuta al fallimento della sua fase orale (l’unica sotto controllo volontario), piuttosto che di un aumento della secrezione salivare.

A dimostrazione di ciò studi sialometrici hanno dimostrato che la produzione di saliva era addirittura ridotta nei pazienti con PD rispetto a quelli non PD. Pertanto, studi successivi hanno cominciato ad indagare la seconda ipotesi eziologica secondo la quale era la ridotta capacità di deglutizione il vero problema, almeno nei pazienti neurologici. La deglutizione consiste di tre fasi, di cui solo la prima è sotto controllo volontario: la fase orale; la fase faringea e la fase esofagea. Uno studio di Umemoto et al. ha valutato immagini video-fluoroscopiche quantitative di pazienti con PD misurando la velocità di movimento del bario nel primo tratto del canale intestinale. La pressione della lingua e il tempo di transito erano rispettivamente maggiore e minore nei pazienti affetti da PD lieve rispetto a quelli ormai in stadi più avanzati. Ulteriori studi hanno associato la scialorrea a punteggi motori UPDRS più elevati. Dunque, attualmente, la letteratura suggerisce che la causa neurologica di scialorrea sia il deficit del meccanismo della deglutizione.

Opzioni terapeutiche

La gestione terapeutica della scialorrea può essere conservativa o invasiva, a seconda del livello di gravità e/o del tipo di patologia alla base del disturbo e/o delle opzioni già provate senza efficacia. I trattamenti conservativi includono cambiamenti nella dieta, esercizi orali motori, dispositivi di allenamento palatale e trattamenti medici e, in ultimo, iniezioni di tossina botulinica. I trattamenti più invasivi includono la chirurgia o la radioterapia. Sebbene i casi chirurgici diano risultati più duraturi non sono privi di effetti collaterali, mentre le radiazioni vengono applicate raramente ai pazienti anziani non candidabili alla chirurgia e che hanno già provato farmaci senza beneficio o con effetti collaterali.

Tra i farmaci più utilizzati nella scialorrea ricordiamo agenti anticolinergici come: glicopirrolato, benzotropina, scopalamina e tropicamide. Gli agenti anticolinergici agiscono modulando negativamente la secrezione di acetilcolina a livello ghiandolare (le ghiandole salivari sono le uniche a ricevere una innervazione prettamente colinergica, sia simpatica che parasimpatica), provocando una ridotta produzione di saliva.

La tossina botulinica

L’effetto della tossina botulinica (BoNT) sulla salivazione è stato notato per la prima volta nei pazienti con PD.

La tossina botulinica è composta da una neurotossina associata ad una componente non tossica. La neurotossina è costituita da una catena leggera (50 kDa) e una catena pesante (100 kDa) legate insieme da un legame disolfuro. Esistono sette diversi sierotipi di neurotossina botulinica (A, B, C, D, E, F, G), tutti in grado di interferire con la trasmissione neuronale bloccando il rilascio di Ach nella giunzione neuromuscolare da parte del neurone presinaptico.

Il rilascio di Ach è svolto da un complesso proteico di ancoraggio chiamato SNARE che permette la fusione delle vescicole contenenti il neurotrasmettitore con la membrana pre-sinaptica favorendo il rilascio di quest’ultimo nella fessura inter-sinaptica, permettendo dunque il legame dell’Ach ai recettori post-sinaptici.

Dopo l’iniezione di tossina botulinica quest’ultima viene incorporata a livello del neurone presinaptico, data l’affinità irreversibile della catena pesante per quest’ultimo. Una volta incorporata nel neurone tramite la catena pesante, è la catena leggera a legarsi con elevata specificità al complesso proteico SNARE, impedendo così l’aggancio dell’Ach alle vescicole. Ogni sierotipo ha un target e una modalità d’azione diversi. La tossina botulinica A scinde SNAP25. La tossina botulinica B scinde la proteina di membrana associata alle vescicole (VAMP) o Synaptobrevin II. La scissione di queste proteine ​​impedisce l’aggancio e la fusione delle vescicole e il rilascio di Ach nei terminali nervosi, causando paresi.

L’effetto della tossina inizia circa 48 h dopo l’iniezione ma è clinicamente evidente a 10-14 giorni, svanendo nel giro di tre mesi, man mano che le proteine ​​SNARE vengono ripristinate.6

Il ruolo della tossina botulinica nella scialorrea

Gli usi terapeutici della tossina botulinica A e B (BoNT A e B) sono ben noti e in rapida espansione. Esistono tre tossine botuliniche A: AbobotulinumtoxinA, IncobotulinumtoxinA e OnabotulinumtoxinA e una tossina botulinica B, RimabotulinumtoxinB. Ognuno funziona in modi leggermente diversi e ha indicazioni diverse. Tutti e quattro gli agenti differiscono per complessità, purezza, potenza, dosaggio e immunogenicità.

Approccio anatomico ed ecografico

L’approccio anatomico quando si decide di trattare la scialorrea è solitamente quello più utilizzato anche se non bisogna dimenticare la possibilità di eseguire le iniezioni ecoguidate.

Il vantaggio dell’utilizzo di un ecografo sta nel fatto che si può individuare con estrema precisione la parte in cui la ghiandola è più spessa mentre l’approccio anatomico utilizza punti di repere precisi nella localizzazione della ghiandola, ma non nel suo spessore maggiore che, per ovvie ragioni, varia da paziente a paziente

Per la localizzazione della ghiandola parotide, l’approccio raccomandato dalla FDA è quello di localizzare il punto medio tra il trago e l’angolo della mandibola e di somministrare un’iniezione 1 cm anteriormente ad esso. Per la localizzazione anatomica della ghiandola sottomandibolare, la raccomandazione è di trovare il punto medio tra l’angolo della mandibola e la punta del mento e di iniettare 1 cm medialmente alla superficie inferiore della mandibola.

Entrambi sono approcci approvati e attualmente non esistono studi che consigliano fortemente l’ecoguida rispetto ai punti di riferimento.

 Profilo di efficacia differenziale delle tossine botuliniche di tipo A e B nella gestione della scialorrea in diverse malattie neurologiche negli adulti: quali sono le prove?7-16

 L’argomento è ancora oggetto di dibattito. Gli studi clinici più rilevanti sull’efficacia e la sicurezza di BoNT di tipo A e B sono stati condotti prima del 2012, mentre studi più recenti sono stati effettuati al fine di valutare la dose il cui rapporto rischi/benefici potesse essere fortemente a favore dei secondi.

Studi dunque su pazienti affetti da varie patologie neurologiche (principalmente SLA e PD) in cui diversi tipi di tossina e/o dosaggi sono stati comparati, hanno caratterizzato l’ultimo decennio di ricerche.

 Le più recenti Revisioni Sistematiche e Meta-Analisi hanno riscontrato alcuni punti di consenso.

Innanzitutto, tutte le tossine (le tre di tipo A e la B) sono risultate efficaci nella gestione della scialorrea in diverse patologie neurologiche. Tuttavia, per quanto riguarda BoNT B l’iniezione di solito risulta più dolorosa, e sia i pazienti che i medici preferiscono solitamente eseguire il trattamento con la A.

Inoltre, la BoNT B pare avere più effetti collaterali, e uno di questi è la maggiore soppressione autonomica collaterale, che è stata notata nei trattamenti delle distonie cervicali. Molti pazienti hanno infatti lamentato, a seguito di iniezioni di BoNT nei muscoli del collo, una importante secchezza delle fauci, lamentata invece molto meno da coloro che ricevevano BoNT A. Dunque, nella scialorrea BoNT B sembra avere un’efficacia non maggiore ma più duratura e latenza temporale minore. Nonostante ciò, le iniezioni sono davvero dolorose e raramente il paziente è compliante.

Ad oggi, di evidenze a sostegno dell’efficacia sull’efficacia della tossina nella scialorrea ne è piena la letteratura ma ancora non si è giunti ad un punto di consenso unanime sulla dose e la tossina giusta. L’opzione migliore sembra sempre essere dunque quella personalizzata per ciascun paziente.

 Bibliografia

  1. Hamdy S., Aziz Q., Rothwell J.C., Hobson A., Barlow J., Thompson D.G. Cranial nerve modulation of human cortical swallowing motor pathways. Am. J. Physiol. 1997;272:G802–G808.
  2. Hung C.C., Fu P.K., Wang H.Y., Chan C.H., Lan T.H. Treatment effects of traditional chinese medicines suoquan pill and wuling powder on clozapine-induced hypersalivation in patients with schizophrenia: Study protocol of a randomized, placebo-controlled trial. 
  3. Bagheri, H.; Damase-Michel, C.; Lapeyre-Mestre, M.; Cismondo, S.; O’Connell, D.; Senard, J.-M.; Rascol, O.; Montastruc, J.-L. A study of salivary secretion in Parkinson’s disease. Clin. Neuropharmacol. 199922, 213–215.
  4. Umemoto, G.; Tsuboi, Y.; Kitashima, A.; Furuya, H.; Kikuta, T. Impaired Food Transportation in Parkinson’s Disease Related to Lingual Bradykinesia. Dysphagia 201126, 250–255. 
  5. Karakoc, M.; Yon, M.I.; Cakmakli, G.Y.; Ulusoy, E.K.; Gulunay, A.; Oztekin, N.; Ak, F. Pathophysiology underlying drooling in Parkinson’s disease: Oropharyngeal bradykinesia. Neurol. Sci. 201637, 1987–1991
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  9. “Safety and efficacy of botulinum toxin type B for treatment of sialorrhea in Parkinson’s disease: a prospective double-blind trial.” (Chinnapongse et al. 2011, Mov. Dis.)
  10. “Long-term incobotulinumtoxinA treatment for chronic sialorrhea: Efficacy and safety over 64 weeks (Jost et al. 2020 Park and Rel Dis.)
  11. “Botulinum toxin type A for drooling in Parkinson’s disease: a double-blind, randomized, placebo-controlled study.” (Lagalla et al. 2006, Mov. Dis.)
  12. “A Double-Blind Randomized Controlled Trial Investigating the Most Efficacious Dose of Botulinum Toxin-A for Sialorrhea Treatment in Asian Adults with Neurological Diseases” (Mazlan et al.2015, Toxins)
  13. “Drooling in Parkinson’s disease: A randomized controlled trial of Incobotulinum toxin A and meta-analysis of Botulinum toxins” (Narayanaswami et al. 2016, Park and Rel Dis.)
  14. “Efficacy and Safety of Botulinum Toxin for treating sialorrhea: a Systematic Review and Meta-Analysis” (Yu et al. 2015, EANJournal)
  15. “Clinical differences between botulinum neurotoxin type A and B” (Bentivoglio et al. 2015, Toxicon)
  16. “RimabotulinumtoxinB in sialorrhea: systematic review of clinical trials” (Dashtipour et al. 2017, Jour. Of Cl. Mov. Dis.)

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