L’Epilessia è una delle patologie neurologiche croniche più comuni al mondo, il cui trattamento si basa, nella maggior parte dei casi, sull’assunzione quotidiana costante di farmaci anticrisi. Così come nelle altre patologie croniche, l’aderenza terapeutica è uno dei fattori più rilevanti nel determinare il suo decorso e la sua prognosi. Secondo l’ultimo report dell’OMS, l’aderenza terapeutica viene definita come “il grado con cui il comportamento del paziente (nell’assumere farmaci, modificare le proprie abitudini di vita, seguire una dieta o presentarsi alle visite) corrisponde alle raccomandazioni concordate con il medico”. Si configura come un fenomeno multidimensionale costituito da fattori individuali legati al paziente, alla patologia, alla terapia e, più in generale, al sistema ospedaliero e socioeconomico. Nella letteratura attuale, si preferisce parlare di aderenza terapeutica piuttosto che di Compliance, in quanto quest’ultimo termine implica un adeguamento passivo alle indicazioni del medico, mentre l’aderenza terapeutica rappresenta l’espressione di un mutuo accordo fra medico e paziente. 

La scarsa aderenza al trattamento farmacologico, nel senso più ampio del termine, può essere definita come qualsiasi deviazione dal regime terapeutico, sia in termini di dosaggio che in termini di tempi di assunzione. Ha una prevalenza nella popolazione epilettica che varia tra il 29 e il 72%, a seconda dello studio considerato, ed è la prima ipotesi da percorrere di fronte a un trattamento inefficace. 

Il soggetto con scarsa aderenza va incontro ad una recrudescenza delle crisi epilettiche, anche dopo anni di libertà: si stima infatti che circa il 45% delle persone con epilessia presenti una nuova crisi nel momento in cui dimentica o non assume una dose. La non-aderenza comporta quindi una ridotta qualità di vita, un aumentato tasso di mortalità, morbilità e ospedalizzazione ed è correlata a un aumentato rischio di SUDEP (ovvero di morte improvvisa e/o inattesa) nelle persone con Epilessia.

La scarsa aderenza può essere sia di natura intenzionale che non intenzionale, ovvero il soggetto può non assumere i farmaci per dimenticanza, per paura degli effetti collaterali, o perché non comprende a pieno le indicazioni del medico e non percepisce le conseguenze di una scorretta assunzione della terapia. 

Numerosi fattori influenzano il grado di aderenza al trattamento nelle persone con Epilessia, alcuni legati alle caratteristiche specifiche dell’individuo, altri correlati invece alla terapia o alla patologia stessa. 

Tra i fattori individuali, numerosi studi riportano un’influenza significativa dell’età e della durata di malattia sul grado di assunzione dei farmaci. Gli adolescenti sembrano essere meno aderenti alla terapia rispetto ai soggetti adulti. Questa differenza è legata, verosimilmente, alla scarsa consapevolezza del giovane rispetto alla malattia nonché ad un’aumentata percezione di “stigma” che si riflettono in una difficoltosa gestione dei farmaci. Fondamentale, inoltre, è il supporto familiare nel definire il profilo di aderenza terapeutica degli adolescenti. Anche la durata di malattia sembra presentare una correlazione diretta con l’aderenza terapeutica: questo dato è facilmente spiegabile considerando che, con il passare del tempo, aumenta la consapevolezza sull’importanza di assumere i farmaci in modo costante. Per quanto riguarda il sesso, le donne sembrano mostrare una migliore aderenza alla terapia da attribuire ad un maggiore grado di accettazione della patologia, oltre che a una più costante ricerca delle cure mediche. 

Il tipo e la frequenza di crisi epilettiche che il soggetto presenta incidono in maniera significativa sull’aderenza terapeutica. I soggetti con crisi generalizzate, rispetto a quelli con crisi focali, sembrano presentare un profilo di aderenza peggiore, sebbene questo dato sia da interpretare con cautela, considerato il maggior numero di ospedalizzazioni per crisi generalizzate. In un studio del 2006 pubblicato su Seizure, viene dimostrata, inoltre, una correlazione inversa fra frequenza di crisi e aderenza terapeutica.

Un altro elemento da non sottovalutare è la farmacoterapia. Potremmo essere indotti a pensare che i soggetti in monoterapia siano più aderenti rispetto a quelli in politerapia. Tuttavia, non tanto la quantità di farmaci assunta, quanto la complessità del regime terapeutico (quantità di farmaci e frequenza delle dosi da assumere) definisce l’aderenza terapeutica. Infatti, come evidenziato da Doughty già nel 2006, anche solo il passaggio ad una formulazione a rilascio prolungato del farmaco può garantire un’aderenza terapeutica maggiore. Più in generale, la soddisfazione del soggetto – in termini di accessibilità al farmaco, numero di farmaci e di somministrazioni da assumere, possibili effetti collaterali – è strettamente legata all’aderenza terapeutica. 

Non meno importanti sono i fattori neuropsicologici che influiscono sul profilo di aderenza. La non-aderenza, sia intenzionale che non intenzionale, può essere correlata alla depressione e all’ansia. La depressione, l’ansia e la percezione di “stigma” possono peggiorare la qualità di vita e riflettersi anche nella gestione impropria della terapia, per questo i disturbi dell’umore vanno sempre indagati nelle persone con Epilessia. 

Per misurare l’aderenza terapeutica nelle persone con Epilessia abbiamo a disposizione metodi diretti e indiretti. Il metodo diretto più utilizzato è il dosaggio sierico dei farmaci, sebbene presenti alcuni limiti legati alla farmacocinetica e alla possibilità di dosare soprattutto farmaci di vecchia generazione. Oltre a questo metodo, è possibile effettuare il dosaggio nella saliva o nelle urine oppure ricorrere all’osservazione diretta dell’assunzione terapeutica. 

I metodi indiretti comprendono questionari e self-report, fra i quali meritevole di menzione è la Morisky Medication Adherence Scale, un questionario autosomministrabile che riguarda l’abitudine di assunzione dei farmaci, già validato per altre patologie croniche (diabete, ipertensione arteriosa) e composto, a seconda della versione utilizzata, da 4 o 8 domande, con una sensibilità e specificità del 70% circa. Nei sistemi sanitari basati su report assicurativi, è possibile inoltre evincere dati indiretti sull’aderenza terapeutica dalla frequenza delle prescrizioni o degli appuntamenti di visita. Anche la frequenza di crisi, considerata come conseguenza dell’assunzione incostante dei farmaci, può essere utilizzata come misura indiretta dell’aderenza terapeutica. Tra i metodi indiretti più precisi e innovativi (anche se difficilmente applicabile se non per fini di ricerca) vi è l’utilizzo dei cosiddetti MEMS (Medication Event Monitoring System), dispositivi elettronici di distribuzione automatica dei farmaci che permettono di valutare sia la quantità di farmaci assunti che l’intervallo fra le dosi.

Il problema della scarsa aderenza terapeutica può essere risolto attraverso varie strategie. A livello pratico, si può semplificare il regime terapeutico, riducendo il numero di farmaci e di somministrazioni da assumere, diminuendo, quindi, la possibilità di dimenticarli. Inoltre, è possibile intervenire consigliando orari prestabiliti, allarmi elettronici o portapillole che facilitino l’integrazione dell’assunzione della terapia nella routine quotidiana della persona con Epilessia. 

Indubbiamente anche la relazione medico-paziente influisce sull’aderenza al trattamento; pertanto, è necessario migliorare la comunicazione, aumentando la consapevolezza del soggetto epilettico, dandogli la possibilità di discutere le proprie preoccupazioni riguardo alla patologia e ai possibili effetti collaterali dei farmaci. È importante fornire quante più informazioni possibili al soggetto e promuovere programmi educazionali, individuali e sociali, soprattutto per i caregivers e i datori di lavoro, riducendo il livello di “stigma” percepito. Dunque, è compito del medico individuare e trattare eventuali disturbi dell’umore che possano influenzare il grado di aderenza. 

In conclusione, identificare il soggetto a maggior rischio di scarsa aderenza terapeutica permette al medico di intervenire su uno dei pochi fattori modificabili che influisce sulla qualità di vita e sulla sopravvivenza delle persone con Epilessia. 

Autore: Dott.ssa Flavia Narducci, Università Campus Bio-Medico di Roma

f.narducci@unicampus.it

Revisore: Dott.ssa Marilisa Boscarino, Università Campus Bio-Medico di Roma

m.boscarino@unicampus.it

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