Storicamente, riconosciamo due forme di morte cellulare: necrosi e apoptosi. La necrosi viene considerata come una morte derivante direttamente da un insulto citotossico senza l’intervento di specifiche interazioni molecolari. Al contrario, l’apoptosi, caratterizzata da ben definite modificazioni morfologiche visibili microscopicamente, è usata come modello per la morte cellulare programmata.
Tuttavia, recenti e sempre più numerosi studi hanno descritto una forma di necrosi geneticamente programmata e regolata, chiamata necroptosi. Inizialmente identificata come prodotto di stimoli infiammatori, si è successivamente scoperto che viene indotta da un’attivazione di specifici ligandi sotto la presenza di numerosi fattori, sia intra- che extra-cellulari. Varie chinasi ed i propri substrati sono stati scoperti come componenti fondamentali del percorso di segnalazione necroptotica che porta alla formazione di un complesso multiuproteico (“necrosoma”) la cui attivazione induce varie modificazioni biochimiche e strutturali che conducono alla morte cellulare. Infatti, da un punto di vista neuropatologico, la necroptosi assomiglia alla necrosi cellulare, con cui condivide simili pattern di alterazioni morfologiche. La necroptosi è coinvolta in molti processi patologici, come quelli da ischemia-riperfusione cardiaca e cerebrale e nelle malattie infiammatorie intestinali.
Di recente un numero crescente di lavori hanno evidenziato come la necroptosi svolga un ruolo fondamentale nella patogenesi di diverse malattie neurodegenerative (SLA, Alzheimer, Parkinson, Niemann-Pick, Sclerosi Multipla ed altre). I ricercatori hanno concentrato la loro attenzione sulla necroptosi anche alla luce di un potenziale intervento sulle malattie neurodegenerative. Infatti, recenti evidenze suggeriscono che l’inibizione della necroptosi (o meglio della formazione del necrosoma) possa conferire un effetto neuroprotettivo nei vari processi neurodegenerativi. Quindi oltre a fornire importanti informazioni sui meccanismi di morte neuronale, lo studio della necroptosi offre anche promettenti risvolti terapeutici, soprattutto nella Malattia di Alzheimer in cui il depauperamento neuronale rappresenta un elemento cardine neuropatologico.
Difatti, uno studio recente ha mostrato in cervelli di pazienti affetti da Malattia di Alzheimer la presenza di necrosomi attivati e contestualmente, in modelli murini, come l’inibizione della necroptosi aumenti la sopravvivenza neuronale. Sicuramente un’interessante notizia (tanto da valerne la pubblicazione su Nature Neuroscience!) in un contesto in cui gli ultimi trial clinici stanno fallendo nell’ottenere risultati accettabili, forse anche perché mirati direttamente contro la tossicità di alcune molecole (in primis Beta-amiloide e Tau, costituenti fisiologici dell’architettonica neuronale), piuttosto che bloccare meccanismi di neuro-degenerazione aldilà della causa a monte.
Francesco Di Lorenzo, Roma Tor Vergata