Il 6 settembre di quest’anno le acque dello Stretto di Messina hanno visto nuotare, fianco a fianco, neurologi, pazienti e caregiver, in quello che ormai è diventato un appuntamento fisso: la Swim for Parkinson!
Cos’è la Swim for Parkinson?
E’ la traversata dello Stretto, fatta per sostenere la ricerca contro la Malattia di Parkinson, ma soprattutto per lanciare un forte messaggio: il Parkinson si vince, insieme.
Abbiamo raccolto in questo articolo le testimonianze di chi è stato coinvolto in prima persona in questa bellissima esperienza. Abbiamo chiesto alla prof.ssa Francesca Morgante, che da anni organizza questa sfida, come sia nata l’idea.
Francesca: “La Swim for Parkinson è nata nel 2018 grazie a Cecilia. Cecilia, da nuotatrice professionista, voleva vincere la sua sfida personale con la Malattia di Parkinson. Mi ha scritto quindi una mail, in cui mi spiegava cosa aveva in mente di fare e mi chiedeva di accompagnarla nell’impresa. Senza pensarci due volte, ho detto sì. E così, quell’anno lei e la sua squadra di nuoto hanno attraversato lo Stretto, ed io la monitoravo dalla barca. Cecilia è stata l’unica paziente, quell’anno, ad attraversare. Soltanto dopo ci siamo resi conto di quale impatto potesse avere un’impresa del genere sui pazienti, sulle famiglie e i caregiver. Quando l’anno successivo Cecilia ha raccontato la sua esperienza alla convention “Parkinson: corpo e anima” ha chiesto chi volesse andare con lei l’estate successiva. E si sono alzate molte mani. Quell’anno 5 pazienti hanno nuotato nelle acque dello Stretto, e ci siamo resi davvero conto che un messaggio di una tale portata poteva davvero fare la differenza. Lo abbiamo diffuso quanto più possibile, siamo stati ripresi da varie emittenti televisive. Quindi l’anno dopo i nuotatori erano 21. Solo il Covid ci ha fermati, e quest’anno siamo ripartiti più forti, più numerosi (abbiamo nuotato in 30) e per la prima volta ho attraversato lo Stretto a nuoto anche io! Il nostro obiettivo è lanciare questo messaggio: il Parkinson si può vivere, si può vincere, con lo sport e soprattutto con l’alleanza terapeutica, che diventa amicizia, tra medico, paziente, famiglia e caregiver.”
Abbiamo chiesto a due giovani neurologi, dott. Simone Aloisio, alla sua prima traversata, e dott.ssa Giulia di Lazzaro, alla sua seconda, di raccontarci questa esperienza.
Simone: “Quest’anno ho avuto la fortuna di partecipare alla mia prima traversata dello Stretto di Messina e ringrazio tutta l’organizzazione per avermi dato la possibilità di vivere queste esperienze. Martedì 6 settembre noi giovani neurologi, insieme a tenaci pazienti marcati “a uomo” sulle imbarcazioni dalle proprie famiglie, abbiamo affrontato le acque che dividono Calabria e Sicilia e posso dirvi la mia: è stata una delle esperienze che mi ha attaccato più emozioni sulla pelle. Senza muta e barriere tra acqua e noi. Così abbiamo nuotato, senza muta, bracciata dopo bracciata, perché quelle sensazioni durante quei 3 km che dividono la terra dalla terra, avevamo deciso dovevano entrarci bene dentro. Abbiamo attraversato un mare in grado di annullare la malattia e farci sentire tutti ugualmente capaci di poter vincere la propria sfida. Le sfide che ci poniamo tutti i giorni e che chi è affetto da Malattia di Parkinson può e deve cercare ugualmente di vincere. Quando martedì 6 settembre il Capitano ha fischiato allo start ho visto 30 differenti sfide che si buttavano in mare per cercare di essere vinte. Chi con ansia e preoccupazione, chi per timore della fine della dose o di rigidità all’improvviso, chi semplicemente affidandosi alla persona con la cuffia gialla alla propria destra. Ho visto persino arrivare dall’altra parte chi pensava di non farcela a causa della malattia perché tenace, adeguatamente supportato, ma cosa più importante consapevole di essere uguale a tutti gli altri che quella costa lì davanti potevano raggiungerla. Quando martedì 6 settembre il Capitano ha fischiato allo start, ho visto 30 differenti sfide in mare che nel momento subito prima di toccare l’acqua avevano già vinto solo perché accettate. 30 differenti sfide che non sazie hanno continuato a vincere a stile, rana e dorso anche in off grazie all’amore dall’alto dei mariti e delle mogli non nuotanti sulle barche. Il paziente parkinsoniano questo lo sa, ma dovremmo ricordarlo tutti: non si vince mai da soli.”
Giulia: “Quest’anno è stata la seconda edizione della Swim for Parkinson per me. Anche stavolta è stato molto emozionante e, avendo avuto più tempo, ho potuto apprezzare meglio le varie fasi di questa esperienza. Dall’emozione mista a timore del giorno prima, all’eccitazione ed ansia della mattina prima della partenza, alla concentrazione e determinazione durante la nuotata ed infine alla gioia di avercela fatta, tutti, insieme, nuotatori, spettatori, medici, pazienti, caregiver, amici. La cosa che più mi colpisce ogni volta è il senso di comunione che si crea, il fatto che le differenze che di solito ci separano in ambulatorio si abbattono, c’è una condivisione e confidenza che moltiplica la soddisfazione di avercela fatta.”
Com’è la Swim for Parkinson vista da chi il Parkinson lo vive ogni giorno? Ce lo ha raccontato Emanuela Olivieri, Presidente dell’Associazione Parkinson giovanile di Roma, alla sua terza traversata e quest’anno anche nelle vesti di organizzatrice.
Emanuela: “Quest’anno il 6 settembre ho nuotato la mia terza Swim For Parkinson vivendola intensamente, essendo impegnata in una duplice veste: atleta e membro del Comitato Organizzatore. Coinvolgere e motivare i miei “colleghi” mi ha reso molto felice. Sembrava che le acque blu dello Stretto di Messina stessero aspettando proprio noi! Trenta tra medici, pazienti e caregiver uniti per ribadire che si può vivere dignitosamente nonostante la disabilità, che la nostra vita non perde di valore con una diagnosi di una malattia neurodegenerativa, che praticare attività motoria ne rallenta i sintomi. Avere un obiettivo da raggiungere per me, malata col Parkinson ad esordio giovanile, è vitale. Consiglio a tutti di unirsi a noi perché è un’esperienza che va ben oltre l’impresa sportiva, si vivono emozioni intense e si torna a casa con la consapevolezza che non si è soli, che è importante tendere la mano a chi resta indietro e che dobbiamo fare la nostra parte sostenendo la ricerca scientifica.”
Infine, abbiamo chiesto anche alla prof.ssa Morgante cosa le è rimasto di questa esperienza.
Francesca: “Io non avrei dovuto fare tutta la traversata, ma solo metà, in una sorta di “staffetta”. Cecilia ed Emanuela mi hanno spronata a continuare, erano loro a dirmi “vai, continua, puoi farcela!”. I ruoli, che di solito sono così codificati nei nostri ambulatori, si sono invertiti: erano loro a dire a me “forza!”. La frase che dico sempre io ai miei pazienti è “tranquillo, una soluzione si trova sempre”. E questa volta sono state loro a dirla a me. E ce l’ho fatta veramente! È indescrivibile la gioia provata all’arrivo, ma soprattutto il senso di complicità e di profonda amicizia che si è venuto a creare con questa meravigliosa squadra. Quando ripenso alla Swim, penso a quel blu meraviglioso del mare in cui ci siamo immersi, e penso che in questo mondo, così pieno di guerre, di crisi, di odio, c’è ancora qualcosa di puro, e di vero. E che può ancora dare amore. Questa è la Swim for Parkinson per me.
Grazie per queste meravigliose testimonianze. La Swim for Parkinson è un messaggio per i pazienti, ma anche per i medici: se si cura una malattia, si vince o si perde. Se ci si prende cura di una persona, si vince, si vince sempre (Patch Adams).
Francesca Morgante, Messina – Londra
Simone Aloisio, Napoli
Giulia Di Lazzaro, Roma
Emanuela Olivieri, Roma