Il 2017 verrà ricordato in Italia per l’approvazione dell’Edaravone (nome commerciale Radicut) da parte di AIFA per il trattamento dei pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).
Nel primo ciclo di trattamento Edaravone (60 mg) viene somministrato quotidianamente in infusione endovenosa per 14 giorni consecutivi, seguiti da 14 giorni di pausa. In assenza di effetti collaterali, seguono 5 cicli composti da 10 giorni (5 a settimana) di trattamento, seguiti da 14 giorni di pausa.
L’Edaravone nasce in Giappone come scavenger dei radicali liberi e trova come prima indicazione l’ictus ischemico (IS). In Giappone dal 2001 viene impiegato nei pazienti colpiti da IS, con un’efficacia dimostrata nel miglioramento della qualità di vita, dei sintomi e degli outcome funzionali post-stroke.
Considerato l’effetto protettivo contro lo stress ossidativo dimostrato su neuroni, glia (microglia, astrociti e oligodendrociti) ed endotelio vascolare se n’è ipotizzato un suo impiego nella SLA. Nel 2006 un primo studio open-label di fase 2 (MCI186-12) ha arruolato 20 pazienti affetti da SLA sporadica o familiare (venivano esclusi solo i pazienti con tracheotomia e/o ventilazione meccanica assistita e dispnea). Nello studio è stata confrontata la riduzione dell’ALSFRS-R prima e durante il trattamento (6 cicli della durata complessiva di 24 settimane) e la concentrazione liquorale di un marker di stress ossidativo (3-NT). Sia la riduzione del declino dell’ALSFRS-R che la riduzione di 3-NT è risultata statisticamente significativa.
Sulla scorta di questo studio, uno studio di fase 3 (MCI186-16) randomizzato contro placebo è stato avviato nel 2014. Lo studio prevedeva l’arruolamento di 206 pazienti con diagnosi di SLA “definita”, “probabile” o “probabile con supporto di laboratorio” secondo i criteri di Arlie House, FVC ≥ 70%, durata di malattia < ai 3 anni, con punteggio di 4 negli items respiratori dell’ALSFRS-R, con riduzione del punteggio ALSFRS-S compreso tra 1 e 4 nei 3 mesi precedenti al trattamento e indipendenti secondo la classificazione giapponese di severità della SLA. Lo studio ha individuato un trend a favore dei pazienti trattati con Edaravone nel rallentamento del declino dell’ALSFRS-R, sebbene questi non raggiungeva la significatività statistica. È stata quindi condotta una post-hoc analysis su una popolazione di pazienti dello studio MCI-186-16 in cui ci si aspettava una maggiore efficacia del farmaco. Sono individuate due categorie: la prima, EESP (Expected Efficacy Sub-Population), con un punteggio di almeno 2 in ogni item dell’ALSFRS-R e un FVC ≥ 80% e la seconda, dpEESP2y, nella quale è stata ulteriormente ristretta l’analisi ai pazienti con esordio di malattia inferiore a 2 anni e diagnosi di SLA definita/probabile secondo i criteri di El Escorial. In queste categorie di pazienti la riduzione del declino dell’ALSFRS-R nei pazienti trattati con Edaravone era statisticamente significativa.
Sulla base di questi dati è stato concepito un nuovo trial clinico di fase 3, randomizzato contro placebo, (MCI186-19) in cui sono stati inclusi solo i pazienti della categoria dpEESP2y, e i cui risultati sono stati pubblicati su Lancet Neurology di Maggio 2017. Nel gruppo trattato, la riduzione del declino di ALSFRS-R era statisticamente significativa e clinicamente rilevante (analoghi effetti individuabili sulla qualità della vita, stimata con la scala ALSAQ40). Sulla scia dell’entusiasmo generato dal successo di questo unico trial di fase 3, FDA e AIFA hanno approvato l’uso di Edaravone per i pazienti dpEESP2y. Tuttavia i dati sinora prodotti dagli RCT di fase 3 si esprimono solo su un periodo di osservazione breve (24 settimane) e non ci danno informazioni circa la sopravvivenza. Recentemente sono stati quindi pubblicati studi di estensione su entrambe le popolazioni che hanno partecipato agli studi clinici di fase 3.
Nel primo studio di estensione (MCI186-17) sono stati arruolati i pazienti che hanno partecipato al trial MCI-186-16, portando il periodo totale di osservazione a 60 settimane (per un totale di 15 cicli). In particolare i pazienti che avevano ricevuto il placebo nei primi 6 cicli di trattamento sono stati switchati a Edaravone (P-E) per i successivi 6 cicli di trattamento (24 settimane); i pazienti che avevano assunto Edaravone potevano assumere placebo (E-P) o Edaravone (E-E).
Lo studio prevedeva, infine, una fase open-label finale in cui tutti i pazienti per 3 cicli di trattamento ricevevano Edaravone. Anche se non vi era alcuna differenza statisticamente significativa nella modifica del punteggio ALSFRS-R tra i gruppi E-E e E-P durante il periodo del doppio cieco nell’intera popolazione (48 settimane), si poteva individuare un trend nel sottogruppo EESP. Pertanto si concludeva che i benefici di Edaravone possono protrarsi sino a 15 cicli di trattamento.
L’ultimo studio di estensione invece è un open-label di 24 settimane in cui tutti i pazienti che avevano partecipato allo studio MCI186-19 ricevevano Edaravone per 6 cicli. In tale studio si dimostrava come le differenze nella riduzione del declino di ALSFRS-R, della FVC e dell’ALSAQ40, tra i pazienti che avevano assunto inizialmente il placebo e l’Edaravone, si conservavano per tutto il periodo di osservazione di 48 settimane, suggerendo come i benefici della terapia con Edaravone siano amplificati se assunta in una fase iniziale di malattia.
Infine è stato disegnato un trial clinico di fase 3 (MCI186-18) randomizzato contro placebo per i pazienti con una malattia in fase più avanzata (FVC ≥ 60 %; SLA definita/probabile/probabile con supporto di laboratorio secondo i criteri di Arlie House; durata di malattia < ai 3 anni e con un punteggio di 3 nella scala di indipendenza giapponese della SLA –pz dipendenti nel mangiare, camminare e attività quotidiane). Sebbene questo studio esplorativo non sia statisticamente potente, non sono state riscontrate differenze del declino del punteggio ALSFRS-R statisticamente significative tra Edaravone e placebo.
In Italia sono pochi i Centri in cui è stata avviata la somministrazione del farmaco, considerate le non poche problematiche organizzative che devono essere affrontate prima di poter avviare il trattamento (individuazione di personale medico-infermieristico dedicato, regolamentazione della somministrazione ospedaliera in regime di ricovero ordinario o day-hospital, approvvigionamento e importazione del farmaco da parte delle farmacie ospedaliere). L’esperienza italiana sul farmaco è quindi limitata ai soli pazienti che in passato importavano autonomamente dal Giappone il farmaco. È speranza comune degli addetti ai lavori che i risultati positivi osservati nei trial clinici, seppure limitati a un sottogruppo di pazienti, possano concretizzarsi nella pratica clinica in un reale rallentamento della progressione di questa terribile malattia.
Alessandro Introna, Bari