La sclerosi multipla (SM) è una malattia demielinizzante infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale ad eziologia finora sconosciuta. Una delle ipotesi più accreditate attribuisce l’innesco della risposta autoimmune ad un’infezione virale. Tra i presunti agenti trigger, il principale candidato sarebbe l’Epstein-Barr virus (EBV), un herpesvirus umano che persiste in forma latente nei linfociti B per tutta la vita dell’ospite. Il virus si trasmette principalmente attraverso goccioline di Flügge, presenti nella saliva, si replica nell’epitelio orofaringeo e successivamente infetta i linfociti B. Segnali di sopravvivenza codificati dall’EBV permettono ai linfociti infettati di aggirare i meccanismi di autoregolazione e di differenziarsi in cellule B di memoria, dove il virus permane in forma latente per tutta la vita dell’ospite. Periodicamente la riattivazione litica nei linfociti B porta alla reinfezione dell’epitelio orofaringeo, con spargimento nella saliva e trasmissione a un nuovo ospite.
In un recente studio pubblicato su Science, Bjornevik et al. utilizzando dati di milioni di reclute militari americane monitorate per un periodo di 20 anni, hanno correlato l’infezione da Epstein-Barr virus ad un aumentato rischio di sviluppare la SM. Hanno osservato inoltre che tale infezione precederebbe l’esordio di malattia, a riprova che l’EBV possa svolgere un ruolo di primo piano nella patogenesi della stessa.
Lo studio è stato condotto su una coorte di 10 milioni di individui appartenenti al personale militare in servizio attivo negli Stati Uniti tra il 1993 e il 2013. I membri dell’esercito statunitense vengono routinariamente sottoposti a screening per l’HIV al momento dell’arruolamento e nei successivi anni, con cadenza biennale; è stato dunque possibile utilizzare il siero residuo da questi test, archiviato nei depositi del Dipartimento della Difesa (DoDSR), per valutare l’eventuale presenza di infezione da EBV al momento dell’arruolamento e studiarne l’eventuale correlazione con l’esordio della SM. Tra il personale militare in servizio attivo sono stati documentati 955 casi di SM. Per ciascuno di essi sono stati recuperati tre campioni di siero, prelevati in tempi differenti (il primo campione disponibile, l’ultimo raccolto prima dell’insorgenza della malattia e uno raccolto in un tempo intermedio); ciascun caso è stato confrontato con due controlli sani selezionati casualmente in uguali condizioni per età, sesso, etnia, sezione militare e date di raccolta dei campioni di sangue.
Campioni di siero sono stati ottenuti da 801 pazienti con SM e da 1577 controlli sani, risultati eleggibili per lo studio. Degli 801 casi di SM, solo uno si è verificato in un soggetto risultato EBV-negativo nell’ultimo campione di siero, raccolto in media 1 anno prima dell’insorgenza della SM. Al basale, 35 casi di SM e 107 controlli risultavano negativi all’infezione da EBV. Dei primi, 34 hanno contratto l’infezione durante il follow-up e la sieroconversione è avvenuta prima dello sviluppo della SM. Il tempo medio intercorso tra il primo campione positivo per EBV e l’esordio della SM è stato di 5 anni; quello intercorso tra la sieroconversione stimata dell’EBV e l’esordio della SM è stato di 7,5 anni (definito come tempo intermedio tra l’ultimo campione sieronegativo e il primo campione sieropositivo). Il tasso di sieroconversione tra gli individui che hanno sviluppato SM durante il follow-up è risultato del 97%, rispetto al 57% degli individui che non hanno sviluppato SM. La sieroconversione all’EBV al terzo campione e la sieropositività all’EBV al momento del primo campione sono state associate ad un rischio (Hazard Ratio) di sviluppare l’SM di 32 e 26 volte superiore rispettivamente (p < 0,01 e p < 0,001).
Bjornevik et al. inoltre, hanno tenuto conto di quanto le caratteristiche individuali, comportamentali e/o ambientali potessero incidere sul rischio di sviluppare sia le infezioni che la SM. Hanno deciso dunque di confrontare i risultati con i livelli sierici anticorpali di un altro virus, il Citomegalovirus (CMV), un herpesvirus che al pari dell’EBV, si trasmette attraverso la saliva e risente delle stesse disparità socio-economiche, razziali ed anagrafiche, rendendolo un controllo negativo ideale.
La sieroconversione per CMV non ha mostrato correlare con un aumento del rischio di sviluppare SM, anzi il rischio di sviluppare SM è risultato persino più basso tra i CMV-positivi, suggerendo che la risposta immunitaria contro il CMV possa attenuare gli effetti negativi di EBV.
Come in altre patologie autoimmuni, i meccanismi di degenerazione neuronale possono iniziare molto prima della comparsa dei primi sintomi di malattia; per datare al meglio l’esordio della SM e correlarla più precisamente all’EBV, Bjornevik et al hanno dosato i livelli sierici di neurofilamenti a catena leggera (sNfl), un biomarker che può precedere fino a 6 anni l’esordio della malattia.
Da questa analisi è emerso che i livelli sierici di sNfl nei soggetti EBV-negativi che poi avrebbero sviluppato la SM negli anni successivi, risultavano uguali a quelli rilevati nei controlli sani (soggetti che non avrebbero sviluppato la SM in futuro) nel periodo antecedente all’infezione, ma aumentavano dopo la sieroconversione per EBV, a riprova che tale infezione precede non solo l’insorgenza dei sintomi ma anche l’innesco dei meccanismi patologici e di degerazione neuroassonale alla base della Sclerosi Multipla.
Per valutare un’eventuale correlazione fra la disregolazione immunitaria che si verifica nella fase pre-clinica della SM e un’aumentata suscettibilità alle infezioni virali, sono stati selezionati 30 campioni di siero raccolti poco prima e poco dopo l’insorgenza dei sintomi di SM in 30 casi di SM e 30 controlli sani. Su tali campioni è stata condotta, tramite Virscan, un’indagine sulla risposta anticorpale contro i peptidi lineari codificati nei genomi dei più comuni virus patogeni per l’uomo. Da questa analisi è emerso che la risposta anticorpale contro peptidi virali diversi da quelli di EBV è risultata simile nei casi e nei controlli in entrambe le fasi di raccolta, scotomizzando una possibile correlazione fra l’infezione da EBV e un’aumentata suscettibilità alle infezioni in fase pre-clinica nei soggetti che avrebbero sviluppato l’SM. Di contro, è emerso che la risposta anticorpale verso i peptidi di EBV è stata significativamente superiore nei casi di SM rispetto ai controlli, sia in fase pre che post-clinica, ad ulteriore supporto della correlazione fra tale infezione e SM.
In conclusione, questi dati suggeriscono come l’infezione da EBV possa precedere l’insorgenza della SM e sia associata a un rischio nettamente superiore di sviluppare la malattia. Tuttavia, il rischio estremamente basso di sviluppare SM riscontrato negli individui EBV-negativi suggerisce che la maggior parte dei casi di SM possano essere correlati all’infezione da EBV e quindi potenzialmente prevenuti da un vaccino adeguato.
Inoltre, uno dei trattamenti più efficaci per la SM è rappresentato dagli anticorpi monoclonali anti-CD20, che agiscono riducendo i linfociti B della memoria circolanti, i principali responsabili dell’infezione latente da EBV. Parimenti, studi condotti sulla terapia con cellule T specifiche per EBV hanno mostrato risultati preliminari incoraggianti. Questi dati suggeriscono che l’EBV possa contribuire non solo all’insorgenza ma anche al decorso clinico dell’SM e che tale decorso possa potenzialmente essere modificato da farmaci antivirali. A tal proposito, il targeting diretto dell’EBV potrebbe avere importanti vantaggi rispetto alle terapie di base anti-CD20, che devono essere somministrate per infusione endovenosa e che possono aumentare il rischio di infezioni.
Dott.ssa Floriana Bile, Università Vanvitelli di Napoli
floriana.bile@gmail.com
Dott. Antonio De Martino, Università Magna Graecia di Catanzaro
demartino.antonio1991@gmail.com
Bibliografia:
Longitudinal analysis reveals high prevalence of Epstein-Barr virus associated with multiple sclerosis. K. Bjornevik et al., Science 10.1126/science.abj8222 (2022).