Nel 2018 l’interferone-beta 1b (Betaferon ®) compirà 25 anni e da quel lontano 1993 in cui la FDA approvò la prima disease-modifying therapy (DMT) per la sclerosi multipla (SM) ne è passata di acqua sotto i ponti. Negli ultimi anni si è assistito ad una vera e propria rivoluzione nel trattamento della malattia, per il quale sono oggi disponibili 11 farmaci. Il 2018 ci aspettiamo sia un anno altrettanto proficuo, ma quali sono le ripercussioni pratiche di tanta “disponibilità”? Nell’era della terapia individualizzata la possibilità di scegliere tra farmaci che presentano profili di farmacocinetica e farmacodinamica tanto diversi tra loro costituisce un’opportunità enorme per una corretta gestione del paziente, della sua malattia, della sua qualità di vita. Nel tentativo di stabilire un percorso decisionale che guidi la scelta condivisa tra medico e paziente, l’EAN e l’ECTRIMS hanno stilato all’inizio del 2018 le nuove linee guida evidence-based per il trattamento dei pazienti con SM.
Le linee guida si sono poste l’obiettivo di rispondere a 10 quesiti relativi alla gestione terapeutica. I quesiti coprono tutte le fasi del management terapeutico, stabilendo dei punti fermi, ma allo stesso tempo lasciando campo d’azione al binomio medico-paziente. E, a pensarci bene, le domande a cui EAN e ECTRIMS hanno tentato di dare una risposta sono quelle stesse che il paziente si pone quando arriva in ambulatorio per la prima volta. “Quando dovrò/potrò iniziare una terapia? Come sapremo che la terapia sta funzionando? E se non funzionerà cosa potremo fare? Dovrò proseguire la terapia tutta la vita? E se volessi affrontare una gravidanza?”. Ma procediamo per punti.
L’inizio della terapia. Fin dalla sua definizione diagnostica, stabilita nel 2010 con la revisione dei criteri di McDonald, la sindrome clinicamente isolata (CIS) ha rappresentato una vera e propria sfida per i neurologici che si occupano di SM. Se è vero che “time is brain”, allora trattare precocemente significa preservare l’autonomia del paziente, ma quanto prima? Ad oggi gli studi condotti sulla CIS hanno dimostrato l’efficacia di interferoni, glatiramer acetato e teriflunomide nel ritardare la conversione ad SM e le linee guida EAN/ECTRIMS raccomandano fortemente di iniziare una DMT anche in questo gruppo di pazienti. Occorre però ricordare che il solo farmaco approvato (e rimborsato) dall’AIFA per il trattamento della CIS è l’interferone-beta 1b. Ulteriori sforzi saranno dunque necessari affinché la politica sanitaria faccia proprio il concetto che investire su un trattamento quanto più precoce possibile, potrebbe salvaguardare la salute del paziente e ridurne lo sviluppo di disabilità.
In apparenza più semplice è la questione nei confronti delle forme già definite di SM. Numerosi trials clinici hanno dimostrato negli anni l’efficacia delle 11 molecole oggi approvate per il trattamento delle forme attive di malattia, caratterizzate da relapse cliniche e/o neuroradiologiche espressione di attività infiammatoria. Le terapie oggi approvate si distinguono in I linea (interferoni-beta 1a e 1b, glatiramer acetato, teriflunomide, dimetilfumarato), II linea (fingolimod, natalizumab, alemtuzumab, ocrelizumab), e “III linea” (cladribina e daclizumab, il cui ruolo nel panorama dei farmaci approvati per la SM è ancora dubbio). Relativamente ai pazienti con SM relapsing-remitting (RR), le linee guida EAN/ECTRIMS raccomandano fortemente l’introduzione di un trattamento che sia in grado di modulare l’attività immunologica del paziente, riducendo il rischio di nuove relapse cliniche e di un aumento del carico lesionale. A tal proposito le nuove linee guida sottolineano come la scelta terapeutica debba essere effettuata sulla base di diversi fattori, i quali includono le caratteristiche del paziente e le sue comorbilità, l’aggressività della malattia, il profilo di sicurezza del farmaco e l’adeguatezza del Centro nel monitoraggio della terapia stessa. Negli anni abbiamo assistito, infatti, all’affermarsi di differenti modalità di management terapeutico, con atteggiamenti più o meno aggressivi a seconda dei casi clinici specifici e dell’esperienza del Centro. In questo senso, le linee guida EAN/ECTRIMS lasciano la scelta al binomio medico-paziente, evidenziando quali siano i fattori da prendere in considerazione, ma senza stabilire degli schemi troppo stretti, che potrebbero costituire un ostacolo alla personalizzazione del trattamento.
Più complessa è la questione terapeutica dei pazienti con forma secondariamente progressiva (SP). I trials condotti hanno dato pochi e controversi risultati e, ad oggi, le linee guida EAN/ECTRIMS suggeriscono (si badi bene non raccomandano, perché le evidenze di efficacia sono deboli) che la scelta terapeutica, sempre condivisa tra medico e paziente, si concentri per lo più sull’utilizzo di interferoni-beta 1a o 1b o di mitoxantrone.
Infine, relativamente ai pazienti con SM primariamente progressiva (PP), in cui la componente neurodegenerativa è prevalente, i trials clinici finora condotti hanno dimostrato una scarsa efficacia dei diversi principi farmacologici utilizzati. In questo panorama è apparso, come un’oasi nel deserto, l’ocrelizumab, approvato dall’EMA proprio nel Gennaio 2018. Si tratta di un anticorpo monoclonale anti-CD20 che, agendo sulle cellule B, sembrerebbe essere in grado di rallentare il processo di neurodegenerazione. In attesa dell’approvazione dell’AIFA, che dovrebbe arrivare nella seconda metà del 2018, e dei risultati di ulteriori trials clinici multicentrici condotti anche in Italia, le linee guida EAN/ECTRIMS suggeriscono di considerare questa molecola per il trattamento delle forme PP.
Il monitoraggio della terapia. Considerata la difficoltà di predire l’andamento della patologia all’esordio, diversi studi sono stati condotti negli ultimi 30 anni allo scopo di stabilire indicatori prognostici della malattia e di risposta alla terapia. La presenza, già nei primi mesi di trattamento con DMT, di ricadute cliniche e/o la comparsa di nuove lesioni alla RM nelle sequenze T2-pesate sembrerebbero predittivi di una minore risposta al trattamento e dunque di un maggiore rischio di sviluppare disabilità nel lungo termine. Sulla base di ciò le linee guida EAN/ECTRIMS raccomandano uno stretto monitoraggio clinico e radiologico del paziente. Ad oggi non esiste un timing prestabilito per il follow-up, tuttavia è pratica condivisa, e confermata dalle linee guida del MAGNIMS nel 2016, l’esecuzione di una prima RM al baseline, un eventuale re-baseline in considerazione dell’intervallo di tempo necessario affinché la DMT possa considerarsi efficace e quindi un monitoraggio almeno annuale. Un caso a parte è rappresentato dai pazienti sottoposti a terapia con natalizumab e che siano ad alto rischio per lo sviluppo di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML). In tal caso, infatti, le linee guida EAN/ECRIMS suggeriscono l’esecuzione di RM encefalo di monitoraggio ad intervalli di 3-6 mesi.
Il cambio terapeutico. Cosa succede se persiste attività di malattia a 6-12 mesi dall’inizio di una terapia? Gli studi condotti hanno mostrato una scarsa efficacia dello switch laterale (il passaggio da una DMT di I linea ad un’altra DMT di I linea) tra interferoni e glatiramer acetato, considerati farmaci di efficacia sovrapponibile. Al contrario, il passaggio ad un farmaco di maggiore efficacia (switch verticale, da una DMT di I linea ad una DMT di II linea) ed in particolare verso fingolimod, natalizumab e alemtuzumab, si è dimostrato capace di bloccare l’attività di malattia. Sulla base di ciò le linee guida EAN/ECTRIMS raccomandano uno switch verticale nei pazienti in cui interferoni e/o glatiramer acetato non si siano dimostrati efficaci nel controllo della malattia, relegando lo switch orizzontale a quei casi in cui il cambio terapeutico sia dovuto ad eventi avversi piuttosto che ad inefficacia. Non esistono al momento dati scientifici validi sullo switch orizzontale con teriflunomide e dimetilfumarato, ma è bene tenere in considerazione che se una terapia di I linea non è riuscita a bloccare l’aggressività della malattia, passare ad una seconda DMT di I linea potrebbe costituire una “perdita di tempo” per il paziente.
E nei casi in cui sia necessario sospendere una terapia di II linea? Tutti gli studi in questo ambito si sono focalizzati nella valutazione dell’attività di malattia alla sospensione del natalizumab. Tali studi hanno evidenziato come lo switch ad altra terapia di II linea sia risultato efficace nell’arginare il rischio di rebound (una ripresa di malattia più aggressiva di quella che precedeva l’introduzione del farmaco) o di ritorno alla precedente attività di malattia. A tale scopo le linee guida EAN/ECTRIMS suggeriscono di effettuare uno switch terapeutico verso un’altra terapia ad elevata efficacia. Raccomandano, inoltre, che il cambio terapeutico venga effettuato valutando l’attività clinica e radiologica di malattia al baseline, da considerarsi direttamente proporzionale all’urgenza di iniziare una nuova terapia, l’emivita e l’attività biologica del farmaco sospeso.
La sospensione della terapia. Gli studi condotti hanno dimostrato come le DMTs siano in grado di modificare la storia naturale della malattia in maniera non definitiva. Sulla base di ciò, le linee guida EAN/ECTRIMS raccomandano, nei pazienti che non presentino particolari controindicazioni alle terapie immunoattive, di non interrompere il trattamento finché persista attività infiammatoria.
La gravidanza. Ad oggi l’unica DMT prescrivibile durante la gravidanza è il glatiramer acetato, ciononostante gli studi clinici condotti hanno mostrato una scarsa incidenza di aborti e malformazioni fetali anche nelle pazienti sottoposte a terapia con interferoni. Dati simili, seppure meno incoraggianti, sarebbero stati ottenuti anche relativamente al trattamento con natalizumab, mentre sono considerate troppo piccole le popolazioni studiate in trattamento con fingolimod, teriflunomide e dimetilfumarato. Le linee guida EAN/ECTRIMS riconoscono la possibilità di effettuare trattamento con glatiramer acetato per tutta la durata della gravidanza, sebbene suggeriscano, qualora sia possibile, di pianificare il concepimento dopo la sospensione della DMT. Nei casi in cui l’attività di malattia sia tale da controindicare la sospensione della DMT, e comunque in accordo con la paziente, è possibile proseguire il trattamento con natalizumab per tutta la durata della gravidanza o completare i 2 cicli di terapia con alemtuzumab e quindi pianificare il concepimento ad almeno 4 mesi dal secondo. Queste ultime due opzioni presentano comunque una debole raccomandazione e sono tutt’oggi in fase di valutazione tramite studi clinici in atto.
L’EAN/ECTRIMS conclude con il buon proposito (del resto è gennaio anche per loro e ad inizio anno abbiamo tutti i nostri buoni propositi) di aggiornare le proprie linee guida tra 5 anni. Cosa ci troveremo ad affrontare nel 2023 non possiamo certo saperlo. La ricerca farmacologica nell’ambito della SM ha portato in 25 anni allo sviluppo di moltissime molecole. La definizione stessa di SM si è completamente rivoluzionata in questi 25 anni. La strada per un perfetto management terapeutico è ancora lunga. La SM rimane una malattia complessa ed estremamente eterogenea, ma tornare ogni tanto a stabilire dei punti fermi è essenziale per offrire al paziente la migliore pratica clinica disponibile.
Alessia Bianchi, Palermo