I recenti progressi nel trattamento di rivascolarizzazione dell’ictus ischemico hanno suscitato un grande entusiasmo tra gli addetti ai lavori. Tuttavia, è bene tenere a mente che le complicanze mediche durante il ricovero dopo uno ictus rischiano di rendere vano qualsiasi successo della terapia acuta.
Le infezioni costituiscono una complicanza frequente dell’ictus ischemico acuto e hanno un impatto significativo sugli outcome clinici1,2. La polmonite complica il 10% degli ictus ischemici, soprattutto nella prima settimana di ricovero, e aumenta di tre volte la mortalità e gli outcome sfavorevoli3,4.
Secondo lo Pneumonia in Stroke Consensus (PISCES) Group, per stroke-associated pneumonia (SAP) si intende lo spettro delle infezioni delle basse vie respiratorie che complicano l’ictus nella prima settimana di ricovero; dopo questo intervallo, è preferibile utilizzare il termine hospital acquired pneumonia (HAP)5.
Considerato l’alto tasso di mortalità e disabilità conseguente alla SAP, molti autori hanno cercato di identificare nuove strategie per prevenirla e ridurne le complicanze. I fattori di rischio individuati sono: quadro clinico severo, disfagia, grave disartria, grave afasia, riduzione dello stato di coscienza, terapia con inibitori della secrezione acida gastrica, età avanzata, fibrillazione atriale, diabete mellito6-8.
L’aspirazione è il meccanismo eziopatologico cardine della SAP8,9, probabilmente insieme ad altri fattori trigger, tra cui l’immunodepressione stroke-relata10. La disfagia e il ridotto livello di coscienza, insieme alla conseguente compromissione del riflesso della tosse e della chiusura efficace della glottide, sono i principali responsabili dell’aspirazione11.
In base alla teoria dell’aspirazione di batteri presenti nel cavo orale, molti studi hanno valutato l’efficacia di una profilassi antibiotica nei pazienti con ictus ischemico; tuttavia, una metanalisi del 2012 ha dimostrato che tale profilassi riduce l’incidenza di SAP, ma non migliora gli outcome clinici a 3 mesi12. Questi risultati sono stati inoltre confermati da un recente trial clinico randomizzato multicentrico, che non ha individuato alcuna differenza tra i pazienti trattati mediante profilassi con ceftriaxone e il gruppo di controllo13.
Allo stato attuale, il digiuno in fase iperacuta e lo screening sistematico per la disfagia in tutti i pazienti con ictus ischemico rimangono le misure più importanti per prevenire la SAP. Inoltre è stato dimostrato che l’utilizzo di un protocollo formale e sistematico (check-list, water swallow test) sembra ridurre di tre volte l’incidenza di SAP14. Pertanto, appare ragionevole valutare la deglutizione di tutti pazienti prima che vengano somministrati farmaci per via orale, acqua o cibo, a prescindere dalla severità clinica15. Prevenire è meglio che curare.
Giuseppe Reale, Roma Cattolica
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